I tagli ai Parchi significano lo stop al contenimento degli ungulati previsto dalla legge e degli indennizzi agli agricoltori per i danni causati da fauna selvatica. Significano anche la chiusura dei CEA, dei Centri di educazione ambientale, cioè dell’ abbandono di politiche ambientali, fatto che segnerebbe un regresso nella salvaguardia del territorio in quanto il loro obiettivo è quello di far conoscere meglio l’ambiente per poter agire al fine di proteggerlo.
Nei CEA ogni anno lavorano con 2000 classi di scuole marchigiane di ogni ordine e grado per un totale di 6000 bambini, ragazzi, giovani. Danni incalcolabili quindi, arrecherebbero questi tagli che la Regione Marche ha previsto in i Parchi, tagli che li costringerebbero a chiuderla i battenti perché li metterebbe nell’ impossibilità di continuare ogni attività. Ricordiamo infatti che la scure dei tagli è già caduta ed ulteriori restrizioni rappresenterebbero fine certa. Se la Regione non rivedrà le proprie posizioni, i Parchi non saranno in grado, tra l’ altro, di liquidare i danni dalla fauna selvatica poiché non solo non ci saranno più i fondi correnti con i quali finanziare la spesa, ma non ci sarà anche il personale per fare i sopralluoghi e liquidare. Parimenti non si potranno più garantire i monitoraggi e i piani di gestione che sono per legge alla base dell’attività di selezione del cinghiale all’interno delle aree protette, ovvero fine dei selettori, fine dell’attività di trappolaggio da parte degli agricoltori e sicuro inasprimento dei danni all’agricoltura e dei contenziosi legali. Per non parlare delle ripercussioni di ordine sociale e di pubblica sicurezza in situazioni particolarmente antropizzate come quelle del Conero. Inoltre la Regione Marche con il taglio ai parchi incasserebbe una cifra pari a circa lo 0,036% del bilancio regionale e non solo destabilizza un delicato e faticoso rapporto tra abitanti delle aree protette, fauna selvatica e agricoltura, ma priva l’economia regionale della gestione di territori di eccellenza in cui si attua da anni un’economia ecosostenibile, ovvero quell’economia del futuro in cui la protezione dei valori naturalistici e paesaggistici unici che li caratterizzano passa attraverso le risorse umane in un’ottica di coinvolgimento sociale che parte dal settore primario ovvero dall’agricoltura nella consapevolezza che l’agricoltore sia il primo custode dell’ambiente e tassello importante per il turismo di qualità. Un esempio è il Parco del Conero che è riuscito in questi ultimi anni a portare gli agricoltori dell’Area Protetta a partecipare ai bandi del PSR (Piano di Sviluppo Rurale) per i finanziamenti alle filiere agroalimentari. Così è nata la filiera delle “Terre del Conero” per porre sulle tavole dei cittadini, dei ristoranti e delle scuole, prodotti di qualità a chilometro 0 nella convinzione che la qualità tuteli l’ambiente. Le “Terre del Conero” è una filiera agroalimentare di qualità certificata biologico o Qm marche che riunisce 60 aziende agricole e coinvolge operatori turistici e commerciali, ristoratori, trasformatori alimentari ed enti locali: questa rete virtuosa, oltre a garantire la qualità dei prodotti e la loro provenienza locale e rafforzare il sistema di relazioni tra produttori e consumatori, assicura alle aziende agricole un’equa remunerazione del proprio lavoro e ne favorisce la permanenza sul territorio, contribuendo inoltre a promuovere un sistema di produzione biologica e a basso impatto ambientale, così da poter conservare la biodiversità e un’economia ecosostenibile. Nella convinzione che produttore e consumatore siano parte di una stessa realtà ecosostenibile, la filiera raccoglie sotto il marchio “Terre del Conero” prodotti locali di qualità, certificati o in corso di certificazione QM (Qualità garantita dalle Marche), Biologici, IGP e Doc/Docg: cereali e legumi, farine, pane speciale a lievitazione naturale, pasta, vino, olio extravergine di oliva, carne bovina, suina e ovina, salumi, miele, erbe aromatiche, ortaggi e frutta freschi e trasformati. Pertanto non c’è altra scelta che opporsi alla scelta miope di tagliare i finanziamenti alle aree protette in cui bisognerebbe invece investire, perché sinonimo di futuro possibile, come già succede al livello nazionale, europeo e in tutti i paesi sviluppati.
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