Apprendo da documenti di Federparchi Marche e di Parco del Conero che il bilancio della Regione Marche taglierebbe il 37% della spesa corrente delle aree protette regionali e il 40% sugli investimenti, naturalmente senza alcuno scenario progettuale che giustifichi tale scelta.
Non c'è, a monte di questa nefandezza, né una denuncia documentata di eventuali “spese pazze” di quegli organismi di tutela e di valorizzazione dei beni naturali, né uno studio su quanto si spenda in media in Europa per mantenere i parchi, né la promessa di futuri riequilibri all'interno di progetti in corso di elaborazione, per la serie quest'anno si taglia ma l'anno prossimo vedrete che cascata di euro sonanti.
Si sbandiera la macro regione adriatica, ma ci si guarda bene dal verificare quanto si spenda per i parchi in quei territori, e quali progetti comuni si potrebbero e dovrebbero mettere in campo per rendere la rete dei parchi presenti nella macro regione un punto di forza delle politiche di green economy o anche soltanto di risposta ai problemi del mutamento climatico.
La Regione Marche taglia e basta. I soldi sono miei, e li taglio come mi pare.
Non ha progetti, non confronta studi, che pure – almeno in parte e un pochino datati – esisterebbero pure. Ricordo che, quando rappresentavo il parco del Conero all'interno dell'associazione europea “Fedenatur”, che tenemmo a Roma, presso la sede della Società Geografica Italia, a villa Celimontana, una giornata di studi tra i principali parchi europei nel corso della quale confrontammo i bilanci di tutti i parchi associati, definendo i limiti invalicabili dei costi essenziali, in assenza dei quali le aree protette diventano inutili sperperi. Di quella giornata di studi esistono gli atti, le slide, gli abstract. E i protagonisti ancora in vita, pronti a fornire testimonianze, a partire dal sottoscritto.
Ma da quell'epoca le Marche sono andate avanti.
Adesso sul palazzo della Giunta regionale sventola uno striscione che sostiene che crediamo alla macro regione. Difatti ci crederemmo, se quando si contano i talenti e li si assegna a destinazioni fondamentali ci fossero almeno promesse di progetti integrati, da costruire assieme ai vari paesi che compongono la macro regione, e che nel tempo si sono dotati di parchi naturali, finanziandoli adeguatamente.
Quindi ho ricordato “Fedenatur”, l'associazione che ha sede a Barcellona, e il lavoro della macro regione. Se queste due piste venissero percorse, e si scoprisse che la spesa che la Regione Marche sostiene per le sue aree protette è sbilanciata, e eccessiva, ci si potrebbe fare una ragione dei tagli.
E se – al contrario – si venisse a scoprire che altrove si investe molto di più, e che sta per essere messo in pista un progetto comune della macro regione da finanziare adeguatamente, si dovrebbe lasciare intatto il finanziamento attuale, o aumentarlo.
Quello che invece lascia interdetti è l'impressione che in Regione non si desideri conoscere niente di tutto ciò. Quasi che conoscere la spesa media dei parchi europei disturbasse i pensieri degli addetti ai lavori regionali, e che interferire nelle tappe progettuali della macro regione assomigli ad un atto di lesa maestà, quando l'unica logica da venerare è quella dei soldi che non ci sono, e dei sacrifici che vanno distribuiti tra tutti.
Eppure dall'opinione pubblica si sta levando un rumore forte contro l'istituto regionale, analogo a quello che a suo tempo mise in crisi l'idea stessa di Amministrazione provinciale. E' curioso che in Regione non lo si avverta.
La Società Geografica Italiana (si, quella che ci ospitò quando confrontammo i bilanci dei parchi europei) sta elaborando una proposta di riordino territoriale delle regioni, “per migliorarne i servizi diminuendo la spesa pubblica” e uno dei criteri di quel lavoro è centrato sulla sostenibilità ambientale.
Insomma, non sono tempi che incoraggiano prepotenze o botte di burocratica ottusità. Se le Regioni dimostreranno di essere utili, saranno rilanciate. Altrimenti finiranno nel mirino del populismo, e dovranno chiedere scusa se ci si permette di prendere un caffè a Roma, al caffè Trombetta. Caso clamoroso di sperpero di danaro pubblico, che mette in moto nientemeno che la corte dei conti.
Non è meglio avere aree protette bene amministrate, inserite in progetti macro regionali, competitive rispetto alle analoghe strutture presenti in tutti i paesi europei che le usano per progetti di tutela e di sviluppo economico e sociale?
Secondo me è meglio. Ma queste considerazioni andrebbero sviluppate soprattutto dai partiti della maggioranza, primo fra tutti il Pd. Che non mi pare scatenato sul tema. Forse ho perso qualche passaggio. O lo ha perso il Pd.
Mariano Guzzini
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