La crisi e' la certificazione del fallimento delle politiche neoliberiste.
I parchi regionali hanno rappresentato negli anni ’70 e ’80, la novità nel panorama della conservazione della natura in Italia e non solo. Infatti, mentre a livello statale era stata del tutto abbandonata l’attenzione su questo tipo di approccio con le eccellenze naturalistiche e paesaggistiche, le Regioni svilupparono un nuovo modello di Parco, che era connotato da un profondo radicamento nelle realtà locali. Tale modello, diverso da quello in voga nel resto del mondo, fu studiato dall’IUCN, offrendo elementi di un’interessante riflessione. L’esperienza di quegli anni ha contribuito alla formulazione della stessa legge quadro sui Parchi. Nella seconda metà degli anni ’90, il nuovo vigore con cui fu rilanciata la politica dei Parchi Nazionali ha messo in secondo piano l’esperienza dei Parchi Regionali, mettendo in crisi proprio quelle Regioni che in precedenza si erano impegnate maggiormente. Emergeva, infatti, una netta diversità tra i Parchi Nazionali e quelli Regionali per i finanziamenti messi a disposizione. Con il nuovo secolo si è affermato un maggior equilibrio tra le due realtà, elementi complementari per un’azione significativa di conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale italiano, ed elementi essenziali per l’azione di difesa della biodiversità. L’attuale situazione economica richiede una riflessione sulle politiche che sono state attivate per fronteggiarla. Infatti stanno incidendo fortemente sulla vita dei parchi, sia nazionali che regionali, ed è opportuna una riflessione approfondita. La crisi odierna e' la certificazione del fallimento delle politiche neoliberiste che hanno favorito: la speculazione finanziaria; l'illegalita' fiscale; la competitività basata sulla compressione dei salari e dei diritti sociali; il degrado ecologico. Per uscire dalla crisi c'è' bisogno di: innovazione; ricerca e formazione; politiche industriali di nuova generazione; green economy; lavoro dignitoso, vie maestre per una competitività alta del nostro sistema economico. Si è altresì dimostrato che la regolazione del mercato del lavoro, da sola, non può creare i posti di lavoro di cui il Paese ha bisogno. Mentre è evidente che senza una ripresa dell'economia questo risultato non è raggiungibile. Ci vuole una politica economica sostenibile per il nostro Paese, che significa porci in sintonia con l'Europa e le sue direttive; metterci in grado di offrire servizi universali come la tutela e la valorizzazione del territorio, del mare e della biodiversità, dei beni culturali e del non replicabile Made in Italy. Allo stesso tempo significa favorire l'impresa innovativa, la ricerca e l'introduzione di nuove tecnologie, la creazione di nuove professionalità. Due sono i centri nevralgici su cui agire: da una parte, le città in cui si concentrano le maggiori opportunità per intervenire sulla qualità dell'aria, il ciclo rifiuti e dell'acqua, sul traffico, sulla rigenerazione urbana e delle periferie, sulla biodiversità urbana; dall'altra parte, i territori, che vanno messi in sicurezza, sottoposti a normale manutenzione per tutelarli e per tutelare le vite e i beni. I territori sono la risposta positiva alla crisi determinata dalla globalizzazione. I parchi devono essere soggetti attivi, non rinchiudersi in difesa dell’esistente anche del più gratificante; è richiesto un nuovo sforzo e un rinnovato impegno per andare oltre i successi ottenuti. COME? AVENDO UNA VISIONE DI FUTURO! Ricercando alleanze, sociali e culturali, strategiche; aggregando interessi reali che si ritrovano in un piano di azione. Prendendo atto della realtà economica e sociale del Paese procedendo ad un autoriforma che, attraverso la costruzione di una massa critica, li porti ad economie di scala più avanzate con dati misurabili. Rilanciando, organizzando, correggendo quello che si è fatto fino ad oggi, iniziando a riflettere sull’autofinanziamento inteso come forma di integrazione alle risorse pubbliche, che devono essere garantite per il funzionamento. Penso al pagamento dei servizi ecosistemici: sicurezza idraulica, consumo di CO2, energia, biodiversità, risorse primarie. Svolgendo un ruolo popolare, ovvero facndo cose semplici che riguardano i residenti delle aree parco, ma anche quelli fuori, scongiurando il pericolo reale che la crisi faccia diventare termini come conservazione, biodiversità, ambiente, argomenti per “palati raffinati”. Rilanciando, attraverso una proposta ai governi regionali, il ruolo di programmazione, per essere soggetti pubblici protagonisti del cambiamento; nella convinzione che le risorse regionali, nazionali ed europee per le Aree Protette sono moltiplicatori in altri settori come il turismo, la ricerca, l’agricoltura, l’educazione. Così le Aree Protette diventano una risorsa per il Paese, non solo come strumento di conservazione di un bene prezioso come l'ambiente naturale, ma anche come contributo attivo al rilancio dell'economia e della crescita economica. Certo una crescita sostenibile, perché, come e già chiaro in Europa e, speriamo presto, lo sarà in Italia, l'unica vera forma di crescita economica sono l'ambiente e la sostenibilità. Affrontare queste questioni vuol dire rimettere in movimento l'economia reale e trasformarla in economia "verde" in tutte le sue articolazioni: affermare un modello energetico e della mobilità di stampo europeo e quindi rilanciare l'edilizia per l'efficienza energetica e la manutenzione idraulica e del territorio, il turismo, l'agricoltura, l'elettromeccanica per l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili, le forze industriali per la trasformazione dei rifiuti in materia prima e per le bonifiche, la chimica per i nuovi materiali e i bio carburanti, l'industria dei mezzi di trasporti dai treni alle auto ecologiche. Si parla quindi di lavoro, lavoro vero e di qualità, come dimostrano i risultati ottenuti in molti Paesi dove queste scelte sono state compiute. In questo quadro, vista la scarsità delle risorse disponibili, appare fondamentale un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020. Nel giugno 2012 il Ministero per la Coesione territoriale ha trasmesso, alla Conferenza Stato Regioni, una proposta di percorso che prevedeva un documento di indirizzo per aprire un confronto pubblico necessario per preparare l'Accordo e i Programmi. Il documento, realizzato in accordo con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e con quello delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, e' stato presentato al Consiglio dei Ministri il 17 dicembre 2012. Il documento d'indirizzo, contenente 7 innovazioni di metodo, 3 opzioni strategiche (Mezzogiorno, città, aree interne) e 11 aree tematiche, parte dal presupposto che i nuovi fondi dovranno essere utilizzati in modo più tempestivo ed efficace di quanto avvenuto per il bilancio europeo 2007-2013, al fine di contribuire alla ripresa della produttività in tutti i territori e ad un salto di qualità dei servizi essenziali, attraverso il riscatto della qualità dell'azione pubblica. Una azione pubblica che nel periodo in corso e' stata di cattiva qualità non per l'incapacita' delle classi dirigenti che ne sono responsabili, ma per loro espressa volontà. Classi dirigenti locali e nazionali che hanno fatte scelte dettate dalla convenienza a estrarre un beneficio certo dalla conservazione dell'esistente, per esempio non tutelando l'ambiente. I nuovi fondi dovranno essere utilizzati per aspirare a trasformare la realtà attraverso l'azione pubblica, per far ciò bisognera' evitare di far affluire i fondi nelle mani di chi è responsabile dell'arretratezza e della conservazione, attraverso un innovazione metodologica principale: definire i risultati cui si intende pervenire in modo circonstaziato e immediatamente percepibile sia dagli attuatori che dai beneficiari, dando vita ad una valutazione pubblica aperta. In tale valutazione andranno coinvolti le parti economiche e sociali e tutti i soggetti che dalle azioni sono potenzialmente influenzati o che alle azioni possano dare un contributo di conoscenza. La mobilitazione per ogni intervento anche dei soggetti detentori delle conoscenze rilevanti sarà soddisfatto indicando in ogni programma i "centri di competenza" rilevanti e il modo in cui essi sono coinvolti. Il documento, al fine di tradurre concretamente lo slogan europeo per il 2020 di uno sviluppo sostenibile, inclusivo e intelligente, individua 4 missioni/obiettivi: Lavoro, competitività dei sistemi produttivi e di innovazione; Valorizzazione, gestione e tutela dell'ambiente; Qualità della vita e inclusione sociale; Istruzione, formazione e competenze. Premesso che siamo perfettamente consapevoli che il conseguimento di obiettivi di sviluppo richiederà la contemporanea realizzazione di azioni provenienti da molteplici "aree tematiche" e che la stessa area tematica può essere servente di più di una missione, appare evidente che la missione a cui siamo più direttamente interessati e quella della nostra mission Istituzionale "Valorizzazione, gestione e tutela dell'ambiente", anche perché le relative aree tematiche comunitarie rilevanti sono, da anni, il nostro lavoro quotidiano. Migliorare l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nonché l'impiego e la qualità delle medesime; Sostenere la transizione verso un economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori; Promuovere l'adattamento al cambiamento climatico, prevenzione e la gestione dei rischi; Tutelare l'ambiente e promuovere l'uso efficace delle risorse; Promuovere sistemi di trasporto sostenibili e eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete sono i temi che da anni affrontiamo e sui quali, negli ultimi mesi, appositi gruppi di lavoro hanno lavorato e i cui risultati vi saranno presentati tra poco. Il nuovo periodo di programmazione comunitario deve contenere importanti opportunità indirizzate a favore della natura e delle aree protette. Noi siamo disponibili ad un confronto in tale direzione nella convinzione, ci auguriamo condivisa, che l’obiettivo di preservare e rafforzare il funzionamento dei sistemi naturali sia considerata essenziale per qulsiasi politica di sviluppo, sia agricola che industriale, della nostra regione. Riteniamo in questo modo, con la giornata odierna, di poterci candidare come beneficiari e centri di competenza essendo perfettamente in linea con i quattro profili considerati nel documento, relativamente sia alle indicazioni strategiche dell'Unione Europea, sia al Programma Nazionale di Riforma, sia all'esperienza italiana e alle scelte già compiute nel Piano Azione Coesione. Noi siamo chiaramente a favore del progetto, perché rappresentiamo gli innovatori di ogni età che per motivi ideali hanno idee robuste sull'uso del territorio e siamo pronti a confrontarle in modo concorrenziale con altri. Noi siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità,contribuendo a fissare i requisiti da cui dipenderanno l'efficacia degli interventi, evitando che siano finanziati interventi dove mancano i presupposti minimi di efficacia dell'azione pubblica. L'incontro odierno vuole essere un utile e approfondito confronto sulle prospettive e le strategie da avviare su tematiche di particolare rilievo per la comunità regionale; un confronto concreto per fare in modo che i "Beni e Servizi ecosistemici" che la natura ci offre, siano i presupposti fondamentali per realizzare una vera e propria Infrastruttura verde del territorio, presupposto fondamentale per nuove e durature occasioni di lavoro per i giovani.
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