Nel contesto ambientale del Parco, l' area idonea per il cinghiale è stata valutata corrispondente al 79% (50 kmq) dell' intera superficie dell' area protetta (64 kmq); sono state considerate non idonee o scarsamente, le aree urbane e le aree particolarmente acclivi del versante mare.
Nel contesto ambientale del Parco, l’area idonea per il cinghiale è stata valutata corrispondente al 79 % (50 kmq) dell'intera superficie dell’area protetta (64 kmq); sono state considerate non idonee o scarsamente idonee le aree urbane e le aree particolarmente acclivi del versante a mare. L’Ente Parco è consapevole come gli altri Enti gestori delle aree naturali protette che la popolazione di questi animali va gestita al fine di non comprometterne l’habitat in cui essi abitano perché, come succede per l’uomo, una popolazione in espansione tende a deturpare il luogo in cui vive. Nel caso del Parco del Conero, ovvero di un parco estremamente antropizzato, la popolazione di un grande mammifero come il cinghiale viene gestita non considerando solo l’idoneità dell’area, ma anche la soglia di tolleranza della popolazione e pertanto l’obbiettivo è quello di portare il numero degli individui al numero più basso possibile. La presenza del Cinghiale nel Parco del Conero alla stessa stregua del capriolo, dell’istrice, del tasso, dello scoiattolo e del lupo sono una diretta conseguenza dell’istituzione dell’area naturale protetta e di una gestione ecosostenibile del territorio limitrofo. Tutto questo però non viene percepito come un successo se la collettività locale rimane estranea all’aumento della biodiversità, ma anzi viene condizionata da un’informazione distorta data per vari motivi dai detrattori delle aree protette, per far percepire i grandi mammiferi come estremamente pericolosi. Tale strumentalizzazione ha terreno facile in territori come quello del Conero, perché si agisce su un contesto culturale caratterizzato da una spiccata “urbanità” e che da molti decenni non si è più confrontata con la presenza di specie animali di grandi dimensioni e quindi ha una naturale paura dell’ignoto. Il cinghiale, ma anche il capriolo, il lupo, l’istrice, la volpe ed il tasso al contrario di quanto diverse “leggende metropolitane” vorrebbero farci intendere, non sono animali aggressivo per l’uomo anche nel caso della mamma con i piccoli. Nell’ incontro con l’uomo, l'animale sceglie sempre la fuga a meno che non ne sia impossibilitato. Per allontanarlo basta far rumore battendo le mani, o parlare ad alta voce e, se non è addomesticato, se la dà a gambe levate. Questi grandi mammiferi, percorrono tutte le notti molti chilometri per cercare da mangiare e soprattutto da bere. Dunque, è facile che escano dalla macchia boschiva per recarsi in zone per lo più agricole vicino alle quali passano corsi d’acqua o vi siano falde acquifere. Per ciò che concerne gli automobilisti c’è da fare molta attenzione se non si vuole causare un incidente, dato che, come detto, alcuni capi nel loro errare possono attraversare le strade. La prima precauzione è la più semplice, ma efficace: percorrere le strade del parco con attenzione e a velocità molto ridotta, in particolare modo nelle ore notturne. Va tenuto conto che gli animali di notte non riconoscono i fari di un’autovettura come pericolo e dunque, qualora venissero sorpresi durante l’attraversamento del sopraggiungere di una macchina, è facile che si piantino in mezzo alla strada fissando con lo sguardo i due fanali come ipnotizzato. Dare questo tipo di informazioni, e mi rivolgo ai giornalisti, che capisco meno scandalistiche e commerciali di quelle del tipo “Schianto in scooter … è’ colpa di un cinghiale ?” o peggio ancora vedere scritto nelle locandine dei giornalai frasi del tipo “Sbanda per colpa di un cinghiale” come è successo nei giorni scorsi e poi si è scoperto che il cinghiale non c’ entrava affatto, è si inusuale, ma sicuramente più utile alla collettività, e sicuramente più utile ad un essere vivente che ha l’unica colpa di essere nato cinghiale nel Parco Naturale del Conero. L’informazione, da questo punto di vista può fare molto sul rapporto uomo/natura, potrebbe ridurre la paura dell’ignoto e, con esso, il malcontento da parte della collettività e quindi un minore contenzioso tra uomo e animale selvatico con ovvie ripercussioni positive sull'attuale livello di allarmismo, esasperazione, drammatizzazione e far diventare la biodiversità del Conero un valore assoluto da tutti percepito e non solo dal mondo scientifico o da quello venatorio.
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