L’Italia è una penisola proiettata al centro del Mar Mediterraneo, con uno sviluppo costiero di circa 8.000 km di coste (la distanza che separa Roma da Pechino).
L’Italia è una penisola proiettata al centro del Mar Mediterraneo, con uno sviluppo costiero di circa 8.000 km di coste (la distanza che separa Roma da Pechino). Di fronte alle sue coste si estendono circa 150.000 km2 di acque interne ed acque territoriali, alle quali si aggiungono oltre 340.000 km2 di acque sulle quali l’Italia esercita diritti e doveri in relazione a specifiche attribuzioni (in particolare, quella del SAR). Complessivamente, quindi, circa 500.000 km2 di mare, pari a quasi il doppio del territorio nazionale (che si estende su 301.338 km2), costituiscono oggi l’area di mare su cui l’Italia ha diritti e doveri (in particolare quello del SAR). Volendo inquadrare l’Italia, inoltre, in un contesto di riferimento più ampio, non può non rilevarsi come quest’ultima sia un Paese posto al centro di un bacino semichiuso come il Mediterraneo che, pur essendo più dell’1% dell’estensione totale delle acque di tutti i mari del mondo, vede solcare ogni anno la sua superficie da circa 2.000 traghetti, 1.500 cargo, 2.000 navi commerciali e 300 navi cisterna che trasportano, tra l’altro, 340 milioni di tonnellate di greggio, identificando oggi il bacino del Mediterraneo come il vero crocevia per l’instradamento delle fonti energetiche per tutti i paesi europei. Del resto, il Mare Mediterraneo è un bacino nel quale si affacciano oltre 20 Stati e più di 400 milioni di abitanti, dei quali circa 130 milioni (il 35%) addensati nell’area costiera. Lungo le sue coste insistono 584 città, circa 750 porti turistici e 300 porti commerciali, decine di impianti di produzione di gas e circa 180 centrali termoelettriche; in sostanza, il Mediterraneo si propone oggi come volano di sviluppo e di crescita per tutti i popoli che su di esso si affacciano e da esso traggono sostentamento. Un mare comunque delicato. Quale bacino semichiuso il Mediterraneo vede ricambiare le proprie acque con un ciclo lentissimo: 80/100 anni. Da quanto sopra emerge, forte in tutta la sua evidenza, la domanda di sicurezza e di tutela dell’ambiente marino che è originata dalle citate attività che si svolgono nel bacino. A questa domanda, è oggi chiamato a rispondere il Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera. L’ambiente dunque come bene comune da tutelare e come fattore di crescita. Dal mare l’Italia ricava il 3% del proprio PIL. Sul mare e per il mare sono circa 300.000 i lavoratori impiegati nel nostro Paese. Il mare dunque come fonte di reddito ma anche patrimonio comune da preservare. Gli 8000 km circa di coste costituiscono oggi un patrimonio e un elemento di sviluppo economico non indifferente. 20.000 stabilimenti balneari offrono d’estate sui nostri litorali un prodotto turistico che ha pochi paragoni in Europa. Un prodotto che una recente direttiva europea intenderebbe modificare nei suoi connotati principali. In particolare le Marche con i suoi 170 km circa di coste, le 18 bandiere blu (indicatore accertato di servizi efficienti e mare pulito), conquistate nel 2013 dalle sue spiagge, i suoi 5000 posti barca e le oltre 1000 concessioni demaniali marittime e il suo entroterra fatto di storia, cultura, arte e paesaggio, possono realmente trovare nell’ambiente marino un fattore di crescita economica e di sviluppo. L’Italia, è un Paese con una storia importante, e un Paese come il nostro, con le sue bellezze artistico culturali, la sua cultura e la sua storia non può che guardare con fiducia al proprio futuro, nonostante le nubi di oggi e i segnali non sempre incoraggianti.
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