Tanta mobilitazione per un mare di sì. Le spiagge marchigiane il 3 aprile sono state le protagoniste di una delle tante iniziative organizzate dal Comitato Marchigiano a sostegno del prossimo referendum in programma il 17 aprile contro le trivellazioni.
'Le risorse del nostro Pianeta non sono illimitate, -spiega Lanfranco Giacchetti, Presidente del Parco del Conero e di Federparchi Marche- anzi ne abbiamo già consumate molte. Il petrolio è una di queste, foriero di guerre e povertà. Cerchiamo di non diventarne prigionieri. Guardiamo al futuro, alle fonti rinnovabili e alternative, alla sostenibilità. Per raggiungere questo obiettivo, un passo importante è partecipare al Referendum del 17 aprile affinchè vinca il ‘si’. Volontari e attivisti, nonostante il tempo inclemente, hanno pacificamente occupato spiagge e lungomari per incontrare i cittadini ed informarli sulle ragioni e le motivazioni per votare sì nei comuni di Gabicce Mare, Fano, Marotta, Senigallia, Montemarciano, Falconara M.ma, Ancona (Portonovo e Passetto), Numana, Porto Recanati, Porto Sant’Elpidio, Fermo, Porto San Giorgio, Grottammare e molte altre ancora. Ecco le motivazioni per votare sì: il tempo delle fonti fossili è scaduto: in Italia il nostro Governo deve investire da subito su un modello energetico pulito, rinnovabile, distribuito e democratico, già affermato nei Paesi più avanzati e innovati del nostro Pianeta. Le ricerche di petrolio e gas mettono a rischio i nostri mari e non danno alcun beneficio durevole al Paese. Tutto il petrolio presente nei fondali del mare italiano basterebbe a coprire solo 7 settimane di fabbisogno energetico, e quelle di gas appena 6 mesi. L’estrazione di idrocarburi è un’attività inquinante, con un impatto rilevante sull’ambiente e sull’ecosistema marino. Anche le fasi di ricerca utilizzando la tecnica dell’airgun (esplosioni di aria compressa), hanno effetti devastanti per l’habitat e la fauna marina. In un sistema chiuso come il mar Mediterraneo un eventuale incidente sarebbe disastroso e l’intervento umano è pressoché inutile, come dimostra l’incidente avvenuto nel 2010 nel Golfo del Messico alla piattaforma Deepwater Horizon che ha provocato il più grave inquinamento da petrolio mai registrato nelle acque degli Stati Uniti. Trivellare il nostro mare è un affare per i soli petrolieri, che in Italia trovano le condizioni economiche tra le più vantaggiose al mondo. Il “petrolio” degli italiani è ben altro: turismo, pesca, produzioni alimentari di qualità, biodiversità, innovazione industriale ed energie alternative. Oggi l’Italia produce più del 40% della sua energia elettrica da fonti rinnovabili, con 60mila addetti tra diretti e indiretti, e una ricaduta economica di 6 miliardi di euro. Alla Conferenza ONU sul Clima tenutasi a Parigi lo scorso dicembre, l’Italia - insieme ad altri 194 paesi - ha sottoscritto uno storico impegno a contenere la febbre della Terra entro 1,5 gradi centigradi, perseguendo con chiarezza e decisione l’abbandono dell’utilizzo delle fonti fossili. Fermare le trivelle vuol dire essere coerenti con questo impegno.
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