Nello scorrere tumultuoso della storia il monte Conero è stato apprezzato come luogo di meditazione, di silenzio e di preghiera.
Agli inizi di questa millenaria frequentazione, l’uomo nella sua religiosità naturale ha visto nel salire in alto il modo di avvicinarsi alla divinità che sta in cielo, e così ad essa rapportarsi con paura nel mistero di forze incontrollabili cui domandare con sacrifici il perpetuarsi della vita propria e del bestiame. E’ intorno al Mille che la fede cristiana si diffonde stabilmente nei boschi del monte con la presenza importante di almeno tre comunità religiose benedettine: S. Pietro al Conero, S. Benedetto nelle pendici sottostanti e S. Maria di Portonovo. Con la nascita dell’esperienza francescana, Sirolo si arricchisce nel 1215 del convento di Vetta Marina che – ricorda Bambozzi in un agile opuscolo per il Giubileo 2000 sul patrimonio storico-religioso sirolese– “rappresentava dopo Assisi il complesso più importante per preparare le nuove anime chiamate “esercito dei cavalieri di Dio” da inviare in Europa ed in Africa per le missioni cristiane spesso piene di delusioni, di amarezze e di martiri. Il convento, nel periodo di maggiore splendore in cui era aiutato finanziariamente dai conti Cortesi, poteva ospitare entro le proprie mura sino ad un centinaio di frati.” Lo stesso S. Francesco venne qui ospitato nel 1219 prima della partenza per l’Oriente, momento importante raffigurato in un dipinto conservato oggi nella chiesa di S. Giuseppe da Copertino ad Osimo. Anche S. Giacomo Della Marca da Ripatransone “venne in questo convento nel 1467 per riposarsi, era ormai anziano e malato. In questo convento ebbe fortissimi dolori ai fianchi. Questi dolori si aggiunsero ad altre patologie che si portava da tempo, ebbe per 9 anni una emorragia e i medici lo avevano avvertito del pericolo di morte. Per un certo periodo ebbe un tremolio alle mani e alle braccia, la gotta e aveva grande difficoltà a dormire. Per tutti questi motivi, il santo da Sirolo decise di fare un pellegrinaggio a piedi a Loreto per chiedere la grazia e poter continuare ad annunciare la Parola di Dio.” Una presenza importante di questo francescano nella storia cittadina che la comunità sirolese ha voluto sottolineare nel 2010 con una sorta di gemellaggio spirituale. Così se vi capita di passare nell’ufficio del sindaco troverete in bella mostra la pergamena di adesione del comune di Sirolo alla rete delle città delle Marche ove il santo ha predicato. Tra tante memorie, c’è una presenza fisica di santità giunta ai nostri giorni: sono le spoglie mortali del beato Pietro di Treia (nato a Montecchio nel 1225 e morto nel 1304 nel convento francescano di Vetta Marina) conservate nella chiesa del santo Rosario lungo la via principale nel cuore dell’antico castello. A breve distanza ecco la chiesa parrocchiale: qui dietro l’altare maggiore, sulla grande pala centrale, si scoprono preziosi riferimenti alle radici spirituali della comunità sirolese. Vi è raffigurato il santo protettore Nicola di Bari “patrono dei naviganti”, con ai lati S. Rocco e Santa Eurosia mentre tutta la scena è dominata dalla sovrastante figura della Beata Vergine con la santa casa di Loreto. S. Rocco - vestito da pellegrino e con la caratteristica piaga sulla coscia - è il santo più invocato, dal Medioevo in poi, come protettore dal terribile flagello della peste, e la sua popolarità è tuttora ampiamente diffusa. Il suo patronato si è progressivamente esteso al mondo contadino, agli animali, alle grandi catastrofi come i terremoti e in generale a tutte le epidemie e malattie gravissime; in senso più moderno, è un grande esempio di solidarietà umana e di carità cristiana, nel segno del volontariato. Meno nota invece la figura di S. Eurosia, raffigurata a destra nel dipinto, la cui festa ricorre il 25 giugno; è invocata per chiedere protezione contro le tempeste, i fulmini, le grandinate e così difendere i frutti della terra. La tradizione vuole che molte campane in Italia rechino la dedica alla santa ed essere effettivamente suonate per scongiurare disastri dal cielo. E naturalmente, il riferimento alla traslazione della S. Casa di Loreto rappresenta un affidamento speciale della comunità alla Mamma celeste nonché un utile riferimento per i pellegrini sul cammino mariano di ogni tempo che anche in questa terra di passaggio possono arricchire lo spirito di presenze e testimonianze di fede. Grazie a queste speciali protezioni, la comunità sirolese è stata salvaguardata dalle tempeste del mare, dalle epidemie mortali e dalle avversità per i frutti della campagna: mare, cielo e terra in un'unica visione di prosperità e benedizione. Che ci crediate o no!
Gilberto Stacchiotti
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