05 Gennaio 2017

Pagine memoria 49 – Corbezzoli che festa!

Il 28 ottobre è la festa di Simone e Giuda ma i due apostoli di Cristo non hanno nulla da condividere con ciò che accadeva a Portonovo in quel giorno. 

Nella baia verde infatti si ripeteva un antico rito che intrecciando  la religione con il divertimento, costituiva un’occasione gaudente di “euforia nella natura”: la festa del corbezzolo. Questa pianta ha un particolare ciclo vegetativo biennale e proprio in quel periodo porta a maturazione i frutti dell’anno precedente che evidentemente non attirano soltanto gli uccelli, per i quali pure costituiscono una fonte alimentare tardiva rispetto ad altri alimenti dispensati dal bosco.  Anzi sembra che l’uomo ne sia stato attratto dall’antichità al punto che persino il nome del monte che sorveglia questo tratto di paradiso costiero sia stato scelto dagli antichi Greci proprio riferendosi ai frutti dell’albero, “comaron” nella loro lingua. Parco del Conero così potrebbe tradursi in parco dei corbezzoli! La festa d’autunno allora è un modo piacevole per ritrovarsi qui proprio per apprezzare insieme i corbezzoli, deliziandosi in abbondanza per tutto il giorno sino a provare un effetto inebriante secondo un’antica usanza che in epoca romana traeva radici nel culto dionisiaco; o forse ancora più antiche, magari nelle tradizioni degli antichi Greci che apprezzavano il corbezzolo perchè questo particolare stato di ebbrezza – che conferiva un’aurea di albero magico - favoriva una piacevole socializzazione. Quelle drupe dalle diverse tinte di calde tonalità per la verità non sono così gustose come le ciliegie, cui assomigliano se non fosse per la buccia rugosa; un aspetto che esplicita il nome scientifico Arbutus unedum, ad indicare una pianta di cui si assaggia un solo frutto (unum = uno e edo = mangio) o poco più senza procedere oltre perché il contenuto granuloso non corrisponde all’aspetto invitante. Non a caso l’esclamazione corbezzoli! è infatti utilizzata per esprimere sorpresa.  Insomma non è il gusto ad essere attratto ma la vista. I colori dei frutti  spaziano tra le calde tonalità dal giallo, all’arancio e infine ad  un bel rosso i più belli;  spiccano accanto a grappoli di piccoli fiori biancastri che risaltano ancora di più sulle foglie dal verde intenso, cupo. Verde, bianco e  rosso, sulla stessa pianta! Il corbezzolo veste dunque il tricolore -  la bandiera dell’Italia  - e così si spiega come mai questa essenza mediterranea fosse apprezzata nel periodo risorgimentale quando ancora lo stivale unito rappresentava un grande slancio ideale. Scrittori illustri ne hanno descritto e cantato sin dall’antichità – Dioscoride, Teocrito, Virgilio, Plinio - ma probabilmente il testo più singolare si deve a Giovanni Pascoli che ha composto una lunga ed intensa “ode al corbezzolo”. SI tratta di un componimento patriottico che canta proprio quel singolare accostamento tra bandiera d’Itala  e pianta: “…i bianchi fiori metti quando rosse / hai già le bacche, e ricominci eterno, / quasi per gli altri ma per te non fosse / l’ozio del verno / o verde albero italico…”. Attento a cogliere aspetti singolari della vita come il fatto che “metti i fiori quando ogni altro al suolo getta le foglie.”, il poeta ne rafforza il legame simbolico con l’Italia ricordando  come proprio il corbezzolo abbia avvolto il feretro di Pallante considerato il primo eroe caduto per la patria, almeno secondo l’Eneide di Virgilio (sacrificio per la nascita di Roma che verrà ripreso da Dante nella Divina Commedia). Parlando di corbezzolo non ci si ferma alla bellezza e al patriottismo. Note sono le virtù terapeutiche dell’infuso delle sue foglie per combattere febbre, diarrea o infiammazioni alle vie urinarie mentre dalla corteccia si estraevano tannini preziosi nella concia delle pelli; senza dimenticare che  i suoi frutti sono tra le poche bacche commestibili del nostro autunno. “Per conoscere l’uso che veniva fatto della frutta nel passato a scopi alimentari – scrive Bruno Bambozzi in un opuscolo pubblicato dal parco del Conero nel settembre 1996 sul “corbezzolo,: pianta della cordialità e del benvenuto all’ospite” (tale è il significato dei suoi fiori nel linguaggio floreale) - sono stati sentiti alcuni anziani ultra novantenni di Sirolo e Poggio. Dai loro racconti si è avuta la conferma che il corbezzolo, denominato localmente “cocombro” («cocomero», esattamente come l’anguria, è una voce dialettale per indicare questa bacca),  era largamente usato dalla povera gente di un tempo per uso alimentare. La frutta raccolta veniva portata nei vicini mercati di Porto Recanati, Castelfidardo, Osimo e Loreto, dove si usava consumarla cospargendola di zucchero e di qualche goccia di vino liquoroso.” Molta frutta allora veniva destinata alla trasformazione in bevanda leggermente  alcolica 4 – 6°, sidro di sapore secco e dolce, chiamato il “vinetto” perché ottenuto con un procedimento simile alla vinificazione; dai residui della sua lavorazione si ricavava poi l’acquavite, “l’arbutu del monte” dal particolare gusto di frutta.” Altro prodotto di un certo interesse è la marmellata, ottenuta con la frutta più matura, accanto all’ottimo miele di corbezzolo che rappresenta l’ultima fatica delle api prima che il  freddo invernale e l’assenza di fioriture le costringa al nuovo riposo.

 

Gilberto Stacchiotti