02 Novembre 2016

Parco del Conero, dalla preistoria al futuro

Dai regi decreti del Ventennio alle recenti  direttive europee ed internazionali, il parco quale strumento per una moderna gestione del territorio ed una crescita culturale e sociale a favore della sostenibilità ambientale.

Questa in sintesi la storia del parco del Conero e di come le vicende ad esso collegate si intrecciano con la storia della conservazione del patrimonio ambientale nelle Marche. Data cruciale di questa storia è il 1970. Allora nel Paese nascevano le Regioni, il dibattito sulla programmazione territoriale era affidata al Ministero dell’Economia, fiorivano le associazioni ambientaliste mentre il Ministero dell’Ambiente era ancora utopia. Naturalmente di parchi regionali non ce n’erano e la protezione della natura esclusiva competenza dello Stato che si limitava ai quattro parchi nazionali “storici” cui nel 1968 si era aggiunto quello della Sila, oltre alle riserve affidate al Corpo Forestale e poco altro. Tutto qui. Raccolta differenziata, inquinamento dell’aria e Pm10, sviluppo sostenibile, biodiversità, balneabilità delle acque, prodotti tipici e menu a km zero non figurano ancora tra i temi del vivere quotidiano in una società che sembra non conoscere i limiti dello sviluppo. Sul Conero in quell’inizio anni Settanta c’erano vincoli paesistici, idrogeologici e ancor più dissuadenti norme di rispetto per le servitù militari ma in pieno boom economico sempre con maggiore evidenza si riscontrava la carenza di strumenti legislativi  adeguati al nuovo contesto sociale, preoccupante diffusione dell’avidità speculativa e mancanza di una sensibilità ambientale, di educazione scientifica e naturalistica. A ripensare a tuto questo, non vi sembra la preistoria? L’idea di un parco naturale nasce nel 1970 e prende avvio da un convegno organizzato ad Ancona da Italia nostra nel novembre; qui per la prima volta esperti delle diverse discipline fanno il punto sulle conoscenze e quindi le prospettive di tutela di quel patrimonio.  La via del cambiamento sarà un lungo percorso caratterizzato da una straordinaria partecipazione popolare; i cittadini diventano “attivisti” nelle nuove associazioni ambientaliste, firmatari delle proposte d’iniziativa popolare per l’istituzione dei parchi del Conero e dei Sibillini, protagonisti nelle diverse marce in difesa del parco del Conero e sempre coinvolti nelle scelte successive. Cresce la consapevolezza di un territorio patrimonio della collettività. Basti ricordare che nella discussione sul piano vigente sono state presentate oltre duecento osservazioni da Enti, associazioni e privati. Per questo quanti sostengono ipotesi di scelte decise altrove o subite dalla comunità locale, esprimono semplicemente opinioni fuori dalla storia. 

La gestazione tra resistenze e speranze

Il primo testo di legge per il parco del Conero arriva dalla Provincia nel 1976 e la legge istituiva sarà approvata dalla Regione Marche soltanto nel 1987 dopo un iter molto tormentato. Mentre si discute, progetti con forte impatto ambientale rischiano di danneggiare seriamente l'ambiente del promontorio marchigiano:

  • il cosiddetto "maxialbergo" del Poggio, 25.000 metri quadrati al posto di prati e bosco (per protesta si svolge una fiaccolata per le vie del centro di Ancona
  • la cabinovia diretta alla spiaggia di Mezzavalle
  • la funivia dal Passetto a Portonovo e a Sirolo, per complessivi 20 chilometri;
  • il Lago Grande di Portonovo da trasformare in porto turistico, proposta, come la precedente, dell'Azienda di Soggiorno
  • un villaggio turistico a Sirolo di 46.000 metri cubi in una zona soggetta a vincolo paesistico ;
  • uno sbancamento abusivo a Monte Colombo, di 8.000 metri quadrati.
  • la variante della strada provinciale del Conero, unico progetto della serie che poi viene effettivamente realizzato .

Queste ed altre proposte sono volte ad uno sfruttamento turistico intensivo, poco rispettoso della natura e delle tradizioni locali, e suscitano pertanto animate proteste da parte degli ambientalisti. Inoltre, già negli anni precedenti lo sviluppo turistico incontrollato della costa del Conero aveva arrecato danni ingenti all'ambiente: nei primi anni '60, i laghi di Portonovo erano stati oggetto di interramenti per realizzare alcuni parcheggi e un campeggio, tra il Lago Grande e il mare erano stati costruiti vari edifici impedendo l'ingresso delle onde  e infine la celebre Fonte di Portonovo era stata distrutta per fare posto ad un albergo. La via per il parco si delinea sostanzialmente attraverso tre aspetti che proprio grazie alla discussione sul parco avranno occasioni preziose di crescita: la conoscenza sempre più allargata delle ricchezze territoriali, le scelte strategiche per una visione unitaria del territorio, la diffusione di comportamenti sensibili alle tematiche ambientali. Prima della nascita del parco in ambito naturalistico si disponeva già di studi appropriati in campo botanico che riconoscevano la straordinaria ricchezza floristica, comprensiva di densità nella diversità e presenza di specie rare. Nulla o quasi per quanto riguarda la fauna, oltre tutto sottoposta ad intensa attività venatoria. La redazione del piano paesistico, la predisposizione dei successivi piani del parco e un’intensa stagione dei piani consentirà di avere banche dati abbastanza dettagliate ed utili nella pianificazione e gestione. Turismo, didattica, agricoltura, tempo libero, attività sportive, urbanistica sono così orientati verso un unico modello di sviluppo, finalmente omogeneo sull’intero territorio protetto. In sostanza va considerato che mentre il piano del parco ed il connesso regolamento contengono le norme e regolamentano quindi la fruizione all’interno del parco, i restanti piani di fatto rappresentano metodologie di intervento sul territorio e quindi sono strumenti che favoriscono una gestione sulle diverse tematiche; è tutta qui la sintesi tra regole e gestione del parco. Il parco del Conero oggi è una realtà importante con una struttura operativa, personale qualificato, un centro visite per l’accoglienza dei visitatori: insomma è un fiore all’occhiello per il turismo e in generale la promozione di questo territorio. A livello nazionale è riconosciuta tra le 10 zone migliori per l’osservazione degli uccelli. E’ parte della rete Natura2000, la rete europea delle aree di attuazione per direttive ambientali; e dal 2013 ha acquisito la certificazione europea sul turismo sostenibile nelle aree protette (CETS). E presto si avvierà l’iter al riconoscimento di geoparco, area cioè di particolare pregio geologico, che in Italia vanta soltanto una decina di realtà inserite all’interno del patrimonio UNESCO. Dall’esperienza del Conero è fiorito un sistema di 12 aree protette naturali che  copre il 9,56% del territorio marchigiano per conservare e gestire in modo unitario uno straordinario patrimonio di ambiente, paesaggio, cultura. E il futuro?  Rispetto alla prima proposta di legge per il parco naturale avanzata dalla Provincia di Ancona quel lontano 2 marzo 1976 va detto che molto è stato realizzato e anche questa breve sintesi storica evidenzia fondamentali traguardi acquisiti; mancano ancora due tasselli qualificanti del progetto originario: l’area contigua e l’area marina protetta. Tuttavia, il fatto che  in questi 40 anni sui temi della sensibilità ambientale e gestione del patrimonio naturalistico del Conero e del Paese è davvero passati dalla preistoria al futuro lascia ben sperare che il seme posto allora possa continuare a produrre ottimi frutti. Purché sappia ancora trovare il terreno fertile della partecipazione, naturalmente!

 

Gilberto Stacchiotti