Chi va a Loreto e non passa a Sirolo, vede la madre ma non il figliolo! Bisogna partire da questo detto popolare per comprendere il legame strettissimo che lega la vergine lauretana ad un crocifisso ligneo di straordinario valore religioso ed artistico.
La tradizione ne attribuisce la realizzazione addirittura all’evangelista Luca e a Nicodemo – contemporanei di Cristo – che l’avrebbero scolpito su legno di cedro. Ma che siano proprio loro gli autori del crocifisso dalle origini così preziose che oggi è venerato a Numana non è questione facile da verificare in assenza di documenti storici e perché in ogni caso di quest’opera si perdono ben presto le tracce. Dopo un lungo silenzio di secoli, la fama di questa scultura a cui vengono attribuiti numerosi prodigi induce Carlo Magno a farne dono al papa Leone III ma durante il viaggio nel Mediterraneo verso Roma una tempesta lo costringe a ripararsi nel porto di Numana. A questo punto l’imperatore deve frettolosamente proseguire per altri impegni in Lombardia mentre il crocifisso resta custodito presso la chiesa di S. Giovanni Battista che nel 846 sarà poii distrutta dal terremoto assieme a gran parte della cittadina rivierasca. Un nuovo lungo oblio avvolge la storia del crocifisso finché nel 1294 viene poi ritrovato da alcuni pescatori nella parte crollata a mare del vecchio abitato e portato in una cappella allora presente in cima alla falesia; qui rimane fino al 13 ottobre 1566 quando viene finalmente collocato all’interno di un santuario appositamente realizzato su un terreno di proprietà vescovile. Trascorrono altri secoli ed ecco che la costruzione comincia a manifestare problemi di staticità tali da richiederne la demolizione e così al suo posto, sempre nella piazza principale di Numana di fronte alla sede comunale, si passa alla realizzazione di un nuovo santuario che viene ufficialmente consacrato il 6 Luglio 1969. La singolare composizione geometrica dell’edificio attuale che, nonostante le dimensioni, restituisce comunque un senso di leggerezza e nello stesso tempo orienta lo sguardo verso l’alto, denota una edificazione recente ma non interrompe il legame di fede che nei secoli si è mantenuto vivo tra Numana ed il “suo” crocifisso dalla lunga e avventurosa storia. D’altra parte qui è sempre stato negando così ogni pretesa della vicina Sirolo, cui peraltro il detto popolare fa riferimento seppure privo di riscontri storici; il disguido nasce probabilmente dal fatto che quando la croce fu rinvenuta dal mare l’abitato numanese era fortemente in decadenza e quindi il riferimento "sicuro" per i pellegrini era allora il castello di Sirolo. Non c’è dubbio quindi che questo oggetto sacro continui ad essere custodito con legittimo orgoglio dalla comunità numanese quale prezioso riferimento di venerazione nonché espressione artistica ricca di significati. Basta osservarlo nel silenzioso gioco di ombre e luci nel sobrio interno del nuovo santuario per percepirne la singolare intensità espressiva. Il viso è arricchito da una vera corona regale che soppianta la tradizionale corona di spine di evangelico riferimento, simbolo della sofferenza e di un peso salvifico che nell’abbandonarsi alla volontà del Padre trova il suo intimo significato. Seppure raffigurato ancora in croce, il crocifisso di Numana sottolinea così che da quel sacrifico deriva la vittoria finale sulla morte con una concreta possibilità di salvezza che ora viene donata a tutti perché Cristo è signore dell’universo. E il viso esprime la serenità di chi, seppure lungo una via dolorosa, ha finalmente restituito la vera pace ad ogni uomo perché nel regno di Dio è questo che si annuncia, si vive e si contempla. Ecco perché l’appuntamento religioso più importante per la cittadina rivierasca giunge nel tardo autunno ed è proprio la festa di Cristo Re che cade nell’ultima domenica di ottobre a conclusione dell’anno liturgico. Che sia una presenza importante per la comunità lo testimoniano anche i numerosi ex voto posti all’ingresso del moderno santuario: disegni, piccoli cimeli e oggetti che con semplicità esprimono la gratitudine per la grazia ricevuta. Storia, arte popolare e fede si intrecciano nel nome del crocifisso esprimendo gratitudine per guarigioni impossibili oppure narrando eventi di burrasche od infortuni che per la divina intercessione non hanno mietuto vittime. Sono preghiere che si uniscono al silenzio del visitatore, quasi per aiutarlo a guardare con occhi diversi quel giovane appeso ad una croce innalzata dietro l’altare, unendo la concretezza dei fatti vissuti ad un mistero trascendente. Il mistero di quel abbraccio proteso verso ogni persona da chi con quel gesto continua a donare un respiro di pace nel segreto di un breve incontro, accomunando pellegrini di fede con chi fatica a credere nel suo cammino chiamato vita. P.S. Anche in questo il Conero ed il San Bartolo hanno qualcosa in comune Infatti in una data imprecisata del 1500 nella baia di Vallugola fu ritrovata a seguito di un naufragio, una cassa con dentro un crocefisso miracoloso scolpito 100 anni prima da Jacobello del Fiore . Quando il crocifisso fu ritrovato, nacque un conflitto tra I cittadini di Fiorenzuola e quelli di Casteldimezzo su dove andasse portato, che il furbo prelato di Casteldimezzo risolse portando sul luogo 2 mucche con la funzione di trasportare il crocefisso e nel borgo in cui l'avessero portato sarebbe rimasto Indovina dove andarono i buoi ? e da dove. provenivano..... ora sta nella chiesa di Casteldimezzo
Gilberto Stacchiotti
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