Dal centro città al cuore del parco con il mezzo pubblico! E’ possibile. Basta prendere il bus 93 e, ammirando scenari sempre diversi, lasciarsi trasportare sino al capolinea, un ampio sterrato racchiuso tra l’ampia curva della strada provinciale e l’area attrezzata geologica.
Questo è il limite meridionale della rete di traffico urbano eppure il suo utilizzo principale non è per i locali perché sono soprattutto gli escursionisti a fruirne. Chi arriva da queste parti preferisce inoltrarsi lungo i sentieri che salgono verso la cima del Conero o godersi paesaggi meno conosciuti seguendo percorsi ad anello verso i boschi di monte Colombo e Larciano, nella quiete di una natura impreziosita dalla presenza di piccoli corsi d’acqua come il rio Pecorara e il torrente Betelico dove sopravvive il raro gambero di fiume. Prima di incamminarsi però merita una visita la vecchia cava di marna, proprio dietro il capolinea, che oltre a testimoniare il lavoro di generazioni di massignanesi oggi è un angolo di straordinaria importanza culturale. Quella piccola parete grigiastra è stata infatti riconosciuta come stratotipo, cioè punto di riferimento mondiale per il passaggio nell’era Terziaria tra l'epoca dell'Eocene e quella dell’Oligocene, caratterizzato da un repentino raffreddamento della Terra. Il 9 maggio 1997 l’area è stata attrezzata con pannelli didattici per favorirne la fruizione da parte di studiosi e turisti; per l’occasione l’area è stata abbellita con un intervento di piantumazione di alberi e lo spostamento di una linea telefonica aerea la cui palificazione rappresentava un indubbio impatto negativo. Una targa posta il 19 ottobre 2012 ricorda che questo squarcio nel sottosuolo e nel tempo geologico è uno tra i nove GSSP (geositi) riconosciuti dal Ministero Ambiente nel nostro Paese. Con queste premesse si capisce perché pochi visitatori si dirigono su per la ripida salita verso il raccolto borgo di Massignano, una manciata di case in cima ad un cocuzzolo impervio da raggiungere con difficoltà però ampiamente ripagate dai magnifici panorami. E’ il nido di un centinaio di irriducibili amanti di questa scomoda solitudine, discendenti degli abitanti di un castello medievale ancora oggi facile da immaginare tra queste case così addossate per una comune difesa dagli uomini e dal freddo. Faceva parte del complesso sistema difensivo di Ancona e perse la sua importanza quando il “rinnovato” castello di Sirolo confluì nel potere egemone della città dorica, come ricorda con ironia un noto detto popolare che, secondo il Bertolucci, risale alla fine del XIV secolo:
Massignan, tre case e un forno, ‘na campana .n cima a ,n’olmo Tutt’el di batte el mazzolo.
C’ha paura de Scirolo. E’ Scirolo tutt’armato Massignan tuttu slamato.
Già questa descrizione ne sottolinea le ridotte dimensioni che permangono tuttora nonostante nell’abitato odierno si possano identificare tre diverse contrade: Sant'Andrea di Massignano, Piancarda, Pecorara. In anni recenti ai piedi del nucleo principale una stridente lottizzazione di edilizia popolare avrebbe dovuto dare risposte al progressivo svuotamento della frazione ma la sua realizzazione a dir poco sconcertante ha prodotto soltanto un’assurda cementificazione priva di ogni valore funzionale e soprattutto estranea al patrimonio esistente. Ancora case in un contesto privo di tutto: niente presidi pubblici, negozi, luoghi di aggregazione…. vuoto assoluto! Persino la parrocchia di Santa Margherita vergine martire in Massignano – simbolo identificativo di una comunità - è stata soppressa e unita a quella di S. Biagio di Poggio nel 2007. E anche la chiesa resta quasi sempre chiusa. Così anche da queste parti, come per il vicino Poggio, nel marzo 2015 la maggioranza dei massignanesi – pur sempre corrispondente ai condomini di un paio di edifici cittadini - ha sottoscritto una petizione per chiedere l’annessione al comune di Sirolo. Ma qui la storia sembra assopita, con una cronaca locale che negli ultimi decenni riporta l’episodio di un velivolo ultraleggero precipitato tra gli ulivi nel febbraio 2014 e poco altro. Il tempo sembra non lasciare tracce tra queste colline che proprio così hanno saputo custodire paesaggi capaci di restare sospesi in una quiete senza tempo. Un senso di solitudine avvolge questo mondo dove è profondo il contatto con la natura grazie anche ad agriturismi accoglienti e maneggi attrezzati per quanti praticano l’escursionismo a cavallo. Sport, cucina, benessere! E forse questo spiega anche la presenza di una comunità terapeutica attiva dal 1984 su locali della Curia. Nel cuore del parco, in fondo ognuno cerca ciò che altrove è solo un bisogno impossibile. E chissà che questo non sia proprio il modo migliore per scoprire - lontano dalla frenesia dei tempi moderni - un nuovo rapporto con la storia e la natura del nostro territorio.
Gilberto Stacchiotti
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