18 Marzo 2017

Il pesto del Conero o all’ingrassa pecore

Non solo asparagi verrebbe da dire. Strigoli, finocchio selvatico, tarassaco, ortica, caccia lepre,  borragine e tante altre specie costituscono infatti una dispensa naturale cui l’uomo da sempre attinge per usi alimentari o curativi. 

Basta consultare l’ottima guida “Erbe spontanee e ricette del Conero” per scoprire un mondo di benessere per un’alimentazione davvero sana in cui gustare primi piatti, frittate, zuppe, conserve o marmellate, tutto rigorosamente da un “raccolto” di piante poco appariscenti (la guida è scaricabile gratuitamente dal sito della selva di Gallignano www.ortobotanico.univpm.it tra i quaderni della selva). In realtà gli appassionati che con sempre maggiore interesse si dedicano a questa ricerca hanno anche il merito di conservare un patrimonio culturale legato ai nomi locali delle specie e ai loro diversi utilizzi. Per favorire la diffusione di queste conoscenze sono sempre più frequenti corsi per il riconoscimento delle erbe mentre sul piano scientifico gli studi etnobotanici prendono maggior vigore. Tra le erbe spontanee del Conero è presente una specie che prospetta un futuro davvero interessante: si chiama erba lombrica o ingrassa pecore ma per la scienza è Scorpiurus muricatus L. E’ molto comune in tutto il territorio del parco, preferendo incolti aridi, garighe o prati su cui si diffonde con ampia copertura. La scelta di questi ambienti è legata allo sviluppato sistema radicale che consente un’importante azione di fissazione del terreno e di protezione dai fenomeni erosivi. Il termine Scorpiurus (= coda di scorpione) indica la particolare forma arrotolata del legume, utilizzato come foraggio, mentre muricatus ricorda la forma spinosa della conchiglia del murice. Elementi questi che ci aiutano a riconoscere meglio la pianta stessa. Il suo uso alimentare è legato alle foglie che – come precisano Fabio Taffetani e Lara Lucchetti dell’UNIVPM, autori della pubblicazione - si consumano “lesse, anche nelle erbe miste o nei ripieni delle torte saltate.” E potrebbe essere una pianta da riscoprire e valorizzare per il nostro territorio perché da qualche tempo e con ottimi risultati si è cominciato ad utilizzarla per una versione locale di pesto. Le sue foglie infatti ben si prestano allo scopo sostituendo quelle del basilico conservando poi gli altri elementi della ricetta ligure. Così passeggiando nel parco si può attingere ad una dispensa naturale anche per una piacevole sorpresa in cucina.  Insomma una scoperta preziosa che arricchisce il nostro territorio! Che poi si chiami pesto del Conero o all’ingrassa pecore…questa davvero è una questione di gusti.

 

 

 

Gilberto Stacchiotti