Una strana ed opprimente sensazione di abbandono colpiva subito quei pochi volontari immersi tra l’odore penetrante della naftalina, l’aria pesante degli ambienti chiusi e poi la polvere sui muti reperti.
Le collezioni ricchissime e preziose per comprendere la storia naturale della nostra regione ed in particolare la realtà del Conero per anni sono state custodite in un grande spazio sotterraneo in via Fanti ad Ancona, sotto i locali di una scuola professionale gestita dalla Provincia. Il “tesoro del Paolucci”, frutto della passione di un illustre anconetano dell’Ottocento, ha rischiato di scomparire nella colpevole indifferenza di tanti per poi diventare protagonista di un’appassionante storia a lieto fine. Ma facciamo qualche passo indietro. “Il Paolucci muore” è l’allarme lanciato sulla stampa il 21 febbraio 1991 per evidenziare i rischi cui sono sottoposte le collezioni soprattutto per l’umidità e la mancanza di teche sigillate, mentre durante i vari traslochi legati anche al periodo bellico significative sono le perdite soprattutto per la collezione dei minerali. Tutto il materiale resta ancora in una sistemazione provvisoria in attesa di una collocazione definitiva promessa “in breve tempo” e ancora sperata perché dopo dieci anni nulla di concreto è stato fatto. Si tratta di migliaia di reperti, collezioni di straordinario valore, esemplari unici di presenze ormai scomparse dalla nostra terra che l’illustre studioso ha raccolto con passione ed impegno, completando il lavoro precedente del De Bosis. Nella sua lunga attività Paolucci, oltre a numerose pubblicazioni scientifiche, ha catalogato un vastissimo patrimonio di reperti ed esemplari tipici dell’ambiente marchigiano concernenti la botanica, la mineralogia, l’avifauna e - si può ben dire - ogni ambito naturalistico comprese anche le curiosità esotiche: da ricordare soprattutto l’Erbario Marchigiano che rappresenta l’unico archivio completo delle piante esistenti a livello regionale, una straordinaria collezione di filliti (cioè impronte di foglie che risalgono all’età miocenica) e l’intera rassegna degli uccelli delle Marche (862 esemplari riferibili a 21 ordini, 62 famiglie e 254 specie, pari al 53.4% delle 476 specie appartenenti alla fauna d’Italia). Nel dibattito sulla futura collocazione di questo prezioso “giacimento culturale”, purtroppo sin dall’inizio è proprio Ancona la prima a mostrare scarso interesse, rinunciando alla propria candidatura, e così per alcuni anni si guarda con ottimismo al castello di Falconara Alta, all’epoca in fase di ristrutturazione; ma nonostante la progettazione e le assicurazioni politiche quella prospettiva si rivela ben presto fasulla. La soluzione arriva quasi inattesa, grazie ad un positivo accordo tra la Provincia di Ancona (proprietaria delle raccolte) ed il comune di Offagna che mette a disposizione splendidi locali della locale struttura monastica di S. Zita. Così, subito dopo un importante appuntamento culturale sulla storia e le collezioni del Paolucci, finalmente il 28 settembre 1996 viene inaugurato il museo regionale di scienze naturali in quella che tuttora è la sede definitiva. A pian terreno sono ospitati gli uffici e il centro di accoglienza per i visitatori; salendo le scale “decorate” da sculture pendenti appositamente realizzate dal famoso artista Trubbiani, si accede alla parte espositiva con un paio di locali sulla figura dell’illustre anconetano e poi un lungo percorso tra gli ambienti naturali delle Marche: i fiumi, le coste con il Conero in grande rilievo, i boschi collinari e la campagna marchigiana, gli ambienti carsici e la montagna. Tutto per restituire la bellezza, la varietà e la ricchezza di un territorio che sulla natura ed il paesaggio ha molto da offrire, nonostante qualche perdita importante. Adesso che le collezioni sono al sicuro e fruibili per tutti, è importante recuperare la memoria dell’illustre concittadino nel comune capoluogo cui peraltro è dedicata soltanto una viuzza di Valle Miano a fianco della ferrovia. Un’importante occasione per ricordarne la figura e le ricche collezioni è il convegno del 13 novembre 2010 “Tributo a Luigi Paolucci, grande naturalista anconetano (1849-1935)” organizzato dal Pungitopo presso la sede universitaria di Villarey . Opportunità unica sul piano dei contenuti per cogliere dalle stimolanti relazioni degli studiosi di oggi come le conoscenze e la situazione ambientale delle Marche e del Conero in particolare siano cambiate dai tempi del Paolucci agli inizi di questo 21° secolo attraverso un viaggio visto dalla parte della fauna, del mare e delle piante. Emerge un quadro in cui la biodiversità indubbiamente ha perso in vivacità e bellezza, ingrigita da un generale aggravarsi delle condizioni ecologiche con specie già estinte, arrivo di protagonisti “alieni” e soprattutto problematiche di grande complessità (consumo del territorio e riscaldamento globale in primis). Al termine una lapide è stata scoperta all’inizio di via Indipendenza a ricordo dei luoghi dove visse il più grande naturalista di Ancona. Meglio tardi che mai!
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