La magia accade d’inverno, quando la nebbia ristagna nella valle sottostante nascondendo alla vista la zona industriale e i quartieri periferici della città.
Allora il Conero sembra tornare un’isola come milioni di anni fa mentre nella luce soffusa del nuovo giorno tutto il paesaggio riscopre la primigenia naturalità. La chiesetta di Candia, solitaria in cima alle colline interne di Ancona, oltre ad essere luogo privilegiato per godere di quelle fugaci visioni, rappresenta la storia ed il cuore di una comunità che dalla cultura contadina e dalla devozione popolare ha dato origine ad una realtà singolare. Alcuni documenti risalenti al XIX secolo (1840) riferiscono che in questa località, nei giorni del raccolto, era portato in processione un grande cero decorato con mazzi di grano. Con il tempo, il cero scomparve sotto il cumulo delle spighe che assunsero artistiche forme rappresentative: nacque il Covo, chiamato anche Carroccio di grano. E se qui sono le radici, non c’è dubbio che il covo in seguito abbia avuto un felice sviluppo in uno spicchio di campagna osimana chiamato Campocavallo. Alle origini c’è un miracolo: era il 16 Giugno 1892! In una modestissima chiesetta nella bassa valle del Musone, dove si custodiva un’immagine della Vergine Addolorata. durante la festa del Corpus Domini,: sul volto della Madonna comparvero improvvisamente gocce d’acqua - come fossero sudore e lacrime – e il giorno successivo si mossero anche le pupille. Grazie ai prodigi e alle numerose guarigioni che ne seguirono, il luogo divenne una meta di pellegrinaggio così famosa da rendere necessaria la costruzione di un grande santuario che venne consacrato il 21 settembre 1905. E poi successe che, all'indomani del sacrilego furto del quadro miracoloso avvenuto nel 1938, fortunatamente ritrovato seppur privo delle preziose decorazioni, gli abitanti del luogo pensarono che la semplice nuova incoronazione della Vergine fosse un gesto soltanto parzialmente riparatore dell'insano gesto. Sull’esperienza di quanto avveniva da decenni nella vicina Candia di Ancona, i devoti di Campocavallo pensarono di realizzare un primo carro, raffigurante la Corona della Vergine, di ricoprirlo interamente con le spighe di grano e di portarlo in processione quale dono di ringraziamento alla Madonna.
Da allora, a parte l’interruzione del periodo bellico, la “festa del covo” rappresenta un appuntamento atteso per la frazione che, nella prima domenica di agosto, rinnova con maestria e creatività questa tradizione consacrando alla Vergine ogni anno un soggetto diverso, che rappresenta sempre una nuova immagine religiosa (chiese, santuari, luoghi di culto). Si snoda così nella storia del covo un percorso tra gli edifici più belli dell’Italia e non solo – basilica S. Francesco di Assisi, duomo di Firenze, basilica di S. Antonio di Padova, santuario mariano di Loreto, duomo di Milano, S. Pietro a Roma per citarne alcuni - che ha avuto attenzione anche al nostro territorio (nel 1984 è stato riprodotto il santuario di Numana e nel 1992 il duomo di Ancona); dopo i festeggiamenti il covo viene donato al luogo che rappresenta oppure conservato in un interessante museo locale. Per lunghi mesi la comunità è coinvolta in questo paziente lavoro: c'è chi si occupa della scelta del grano, chi raccoglie ed ordina i covoni selezionando le spighe, chi coordina il lavoro delle donne per la realizzazione delle trecce, chi effettua le rilevazioni ed i calcoli tecnici della struttura che si andrà a costruire, chi bada alla sua realizzazione con il ferro, chi ne cura il lavoro della parte in legno, chi si incarica di collocare adeguatamente le spighe sul carro, chi si interessa delle altre iniziative, e via dicendo. E il risultato è una preziosa riproduzione in scala di un tempio della cristianità, perfetta nei dettagli e nelle proporzioni, avvolta nelle calde sfumature della paglia e del grano. Una meraviglia sempre nuova che nasce dalle abili mani dell’uomo guidate dalla gratitudine al Creatore per cantare la fede, la bellezza e la tradizione della campagna marchigiana: con legittimo orgoglio di chi ne è artefice e soprattutto con lo stupore e l’ammirazione di fedeli e turisti che in quelle sculture di grano possono ritrovare la straordinaria originalità di una tradizione viva ed affascinante.
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