“E’ famosa anche se nessuno, da sessant’anni a questa parte l’ha più vista. La indicano i vecchi pescatori, col dito puntato in mezzo al monte. La ricordano le vecchie guide turistiche, le leggende popolari, i cultori di tradizioni locali. Il suo nome evoca suggestioni lontane, epoche di arrembaggi e ruberie per mare. E’ la grotta degli Schiavi che ogni estate rivive una sua tormentata passione'.
'Non c’è anconetano che, costeggiando in barca le pendici del Conero, non ne avverta il richiamo. Si dice che si possano ancora sentire i lamenti e i pianti dei poveracci che erano stati rinchiusi là dentro, gli schiavi appunto. Ma uno sguardo dal mare e subito ci si rende conto che anfratto meraviglioso doveva costituire, fra la spiaggia delel Due Sorelle e lo scoglio della Vergine. Ogni sasso, una leggenda“. Così il 23 agosto 1993 la giornalista Bacchielli riproponeva con un articolo “La grotta degli Schiavi – un giallo al Conero” uno dei luoghi mitici della costa cui il tempo ha dato sapore di una leggenda, ma che è esistita realmente. E solleticando la curiosità con tanto di intervista alla memoria storica di chi da ragazzo aveva avuto la possibilità di visitarla, seppure con qualche licenza sule dimensioni che avrebbero potuto contenere il campanile di Sirolo. In realtà il documento più dettagliato sula grotta degli Schiavi risale alla memoria dell’ing. De Bosis pubblicata dalla Società Italiana di Scienze Naturali nel 1861 con una dettagliata mappa del luogo: “Si apre maestosamente sul mare e dal mare è, in parte, bagnata. Coincide, nella direzione, col meridiano terrestre, meno sensibile deviazione dove si restringe in fondo a magnifica sala. E’ lunga circa 70 m. E’ una meraviglia nei dintorni di Ancona; maestoso speco dove la luce del giorno va gradatamente perdendosi fra massi variopinti. Due ingressi mettono alla caverna, volto uno ad oriente, a settentrione l’altro. Quest’ultimo è il principale e per esso vi si entra in barchetta un buon tratto, finché, gradatamente diminuendo l’acqua e formando la spiaggia si può discendere in mezzo alle ghiaie ed ai ciottoli. Il primo tratto che dirò dell’ingresso principale è bagnato dal mare per oltre 20 m, segue una vasta sala dove mette il secondo ingresso. Pareti irregolari e scabre, piene di prominenze, volta maestosa ed ineguale dalla quale stilla goccia a goccia in fondo alla sala la volta si abbassa, le pareti si avvicinano, il suolo a mano a mano si innalza, la direzione serpeggia e così le dimensioni si fanno più anguste fino al termine. L’ingresso venne ostruito da una frana che il 16 febbraio 1920 occluse le due maestose aperture sul mare. Col terremoto del 1930 la bellissima grotta nostra subì qualche lesione, specialmente al pilastro centrale. Le mine dei cavatori di pietra completarono l’opera con il far discendere dalle pendici del monte enormi masse di pietrisco, sì da ostruire completamente ogni accesso (ìn una quarantina di anni in conseguenza di una grossa frana gli antichi ingressi alla grotta furono ostruiti)''. “Riaprire si può” era la speranza lanciata il 24 agosto 1993 dalla stessa Pia Bacchielli forte, tra l’altro, del sostegno ricevuto dall’allora Consorzio del Parco per un progetto di riapertura della grotta i cui costi venivano allora stimati in 10/20 milioni i lire; appello poi ripreso il 10 luglio 1995 dal prof. Tazioli del Dipartimento di Scienze dei Materiali e della Terra dell’Università di Ancona che assicura “riporteremo alla luce la grotta degli Schiavi”. Non accadde e, così, il fascino misterioso di questo luogo, continua a suggestionare la fantasia dei tanti fruitori del nostro Conero. Col tempo sarà forse sepolta per sempre l’esatta individuazione di una grotta che, dopo secoli di interesse, è tornata a nascondersi da qualche parte, lungo una costa selvaggia e straordinariamente carica di fascino ammantato di mistero.
Gilberto Stacchiotti - Vice Presidente Ente Parco del Conero
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