Due storie parallele, ma storicamente e religiosamente collegate fra loro, vedono protagoniste Nazareth con Loreto e le due cittadine del Cònero di Numana e Sirolo.
La prima (e più nota) riguarda la traslazione della Santa Casa da Nazareth a Loreto il 10 dicembre 1294. Fu profeticamente annunciata infatti ben 79 anni prima, nel 1215, da San Francesco d’Assisi, durante il suo soggiorno a villa Vetta Marina a Sirolo. Qui il Santo piantò i due famosi olmi (bagolari) vicino alla Chiesetta del Divino Amore. Sempre in quel punto, servendosi dell’acrostico PICENVM, presente in una scritta nella villa, fece questa premonizione: “Portatur Iuxta Conerum Edicula Virginis Mariae”, cioè “sarà portata nelle vicinanze del Cònero la Casa della Vergine Maria”. Ed è quello che accadde. Nessun accenno però al volo miracoloso. Qui si parla di un trasporto. Agli inizi di maggio del 1291, Nazareth e tutta la Palestina erano dominio dei Turchi selgiuchidi. San Giovanni d’Acri, ultimo baluardo cristiano in Terrasanta, nonostante l’eroica resistenza dei Templari, cadde in mano ai mussulmani. La casa di Nazareth, dove nei Vangeli è scritto che Maria avesse avuto l’Annunciazione e Gesù visse i primi anni della sua vita, questa reliquia della Cristianità correva il pericolo di essere distrutta. La leggenda religiosa, che tutti noi conoscevamo fin da bambini e che ci avevano raccontato, narra che, nel momento del pericolo, degli ”Angeli del Cielo” avessero sollevato la casa di Nazareth per portarla al sicuro sull’Adriatico. In un primo momento sulla sponda dalmata a Tersatto in un quartiere di Fiume. Poi nei pressi di Ancona, nel luogo in cui oggi sorge la chiesa di Santa Maria Liberatrice di Posatora, il cui nome la tradizione fa derivare proprio da questo evento: posa-et-ora (fermati e prega). La Santa Casa restò in quel luogo nove mesi; poi gli angeli la sollevarono nuovamente e la posarono nei pressi di Porto Recanati, in località "Banderuola". Otto mesi più tardi gli angeli spostarono di nuovo la Casa in cima ad una collina (il monte Prodo) coperta di lauri. Dal termine latino laurus il luogo si chiamò Lauretum, e quindi "Loreto". Padre Giuseppe Santarelli (in foto) frate cappuccino e massimo storico del Santuario di Loreto, in più di un’occasione ha affermato che sì “quella è la Casa di Maria, ma sarebbe trasportata non in cielo dagli angeli, bensì via mare dagli uomini”. Con il tempo la leggenda ha ceduto il passo alla storia in una sorta di compromesso. La Casa, in realtà, potrebbe essere stata smontata mattone per mattone, imbarcata al porto di Giaffa e trasportata a Loreto dai Templari, per conto dalla famiglia bizantina dei duchi di Atene Angeli o De Angelis, come scrive Gabriele Petromilli nel libro “I Templari e la Casa Santa di Loreto”. Comunque la Santa Casa di Loreto , nel suo nucleo originario, ha tre pareti. Chi si reca a Nazareth, nella Basilica dell’Annunciazione, fatta costruire da Paolo VI, come abbiamo fatto noi giusto un anno fa nel 2013, può vedere invece solo la quarta parete, che altro non è che la grotta. I mattoni della grotta in fondo assomigliano proprio a quelli di Loreto, ovvero un misto di solfato di calcio idrato (gesso) impastato con polvere di carbone di legna secondo una tecnica nota in Palestina duemila anni fa, mai impiegata in Italia. Un'altra reliquia contesa meno nota oggi ,è quella del Miracoloso Crocifisso detto di Sirolo, ma venerato a Numana, nel moderno Santuario ricostruito nel 1968, non senza qualche polemica, sostituendo un ben più elegante edificio attribuito a Pellegrino Tibaldi . Il Miracoloso Crocifisso in legno, molto probabilmente è stato trasportato in Europa dall'imperatore franco Carlo Magno come dono per papa Leone III. E’ un Gesù sulla croce molto diverso dalla iconografia tradizionale, perché è un Cristo Re vittorioso. Secondo storici numanesi, nel 1500, a causa della decadenza di Numana, e per la floridezza del vicino castello di Sirolo dove i pellegrini che andavano ad onorare il sacro legno trovavano ospitalità, il Crocifisso sarebbe stato chiamato erroneamente "di Sirolo". Da qui il detto popolare, una volta molto comune nelle Marche: "Chi va a Loreto e non va a Sirolo / vede la Madre e non il Figliuolo". Non sono stati mai dello stesso avviso i sirolesi che hanno da sempre hanno rivendicato come loro il Crocifisso, portando come testimonianza: carte, mappe vaticane e medaglie votive in cui risulta che il Crocifisso è proprio di Sirolo e che fu venduto, si dice addirittura, in un momento di debolezza, per “una magnata de polenta”. Ma è una cosa tutta da verificare. Il 15 maggio 1577-scrive Bruno Bambozzi in “Giubileo 2000, il Crocifisso di Numana” una spedizione di fanatici sirolesi tentò di occupare il Santuario e rapirne il Crocifisso. Non ci riuscirono per la pronta reazione dei fedeli di Numana, supportati da quelli di Massignano e dal Poggio. I fedeli delle due popolazioni rivierasche( e non solo quelli) sono rimasti ognuno del proprio parere : e che cioè il Crocifisso fosse il loro.
Aldo Spadari
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