20 Settembre 2016

Pagine memoria 43 – Il cinghiale, una star con il grugno

Si è partiti con la fiocina per arrivare al lanciafiamme! Sul cinghiale si è detto proprio tutto. 

Nessun altro soggetto è stato così “famoso” al Conero, capace cioè di attrarre l’attenzione, la fantasia, le paure e la curiosità dell’opinione pubblica e al tempo stesso occupare le prime pagine dei quotidiani locali, catalizzare le dispute politiche ed entrare con prepotenza nelle sale del governo territoriale. Per la verità, fino a tempi abbastanza recenti il cinghiale nel “nostro” parco non c’era e questo era già una stranezza considerate le condizioni ambientali molto favorevoli. Le ghiande del leccio, per esempio, sono note leccornie per i maiali domestici! Poi però, anche il suo “arrivo” e soprattutto la repentina esplosione che ne è seguita si sono rivelati fatti ancora più anomali, quanto “sospetti”. Di sicuro non è venuto dal mare e nemmeno attraverso un’espansione naturale; è molto probabile che sia stato introdotto incautamente dall’uomo, forse da ambienti ostili al parco e probabilmente legati alla caccia. Le prime tracce della presenza della specie in questione, sicuramente introdotta abusivamente all’interno dell’area protetta per mano di ignoti, risalgono al 1998. Già dal 1999 si contarono i primi danni, che portarono alla stipula di un piano di intervento congiunto tra Parco del Conero e Provincia di Ancona. Così le prime segnalazioni destano grande clamore mentre rapidamente si diffonde un allarmismo generale contro il “nuovo arrivo” quale reazione emotiva, come sempre accade di fronte a qualcosa che non si conosce. La prima sensazione è di pericolo! “Nessun proprietario ha dichiarato fughe di animali. Dunque nell’area sono presenti allo stato libero tre cinghiali, di cui due sicuramente femmine, del peso variabile fra i 40 e i 60 chilogrammi”: così nel dicembre 1993 l’assessore provinciale alla caccia Capitani confermava voci di stampa e chiedeva al parco di autorizzarne la cattura. La cronaca registra persino il curioso quanto maldestro tentativo di abbattimento con fiocina – sì,  proprio il fucile da sub - e questo già è sintomatico della confusione che aleggia intorno al cinghiale ma soprattutto della grande improvvisazione con cui lo si affronta. Il bersaglio finisce sui giornali con l’incomodo attrezzo conficcato sulla groppa!. Sulla stampa del 26 gennaio 1994 la notizia del primo cinghiale abbattuto nel parco. La Provincia di Ancona si prende cura della problematica e le guardie venatorie aprono la stagione degli abbattimenti nel parco del Conero. La situazione resta sotto controllo per alcuni anni finché nell’estate 2008 scoppiano roventi polemiche soprattutto da parte del consigliere Rabini, personaggio vicino al mondo venatorio. D’altra parte la novità della lotta al cinghiale si presta bene a strumentalizzazioni di fini azzeccagarbugli: le armi, i turni, le autorizzazioni, lo smaltimento delle carcasse, i regolamenti interni diventano oggetto di scontro politico e legale. Fino alle denunce e poco importa se nel 2012 tutti i presunti “fuorilegge”, cioè proprio gli agenti della Provincia che con straordinaria efficacia si erano adoperati per contrastare la diffusione del cinghiale nel parco, verranno pienamente scagionati. Perché nel frattempo queste grane sortiscono un unico risultato: la Provincia si ritira e passa la palla al parco. Gli effetti sono devastanti!  Attivare l’attività di selezione in un parco è un’esperienza delicatissima e complessa, quasi una sfida impossibile tra ostacoli di ogni tipo: burocratici, legali, sanitari, tecnici, attinenti alla sicurezza delle persone o alla sofferenza dell’animale. Studi, delibere, regolamenti difficili da assumere in un’atmosfera esasperata tra chi vorrebbe bloccare tutto e chi cerca un’opportunità “mascherata” di cacciare nel parco, chi si preoccupa dei danni all’ambiente e chi al contrario “spara” già contro il parco. Il nuovo corso infine prende forma. Ne dà notizia lo stesso Ente Parco: “per motivi di squilibrio ecologico dato che nel Parco non è presente il suo predatore naturale e di sicurezza sanitaria per gli altri animali, dal 9 settembre 2009 è partita l’azione di contenimento della popolazione del cinghiale sul Parco del Conero, in base alle indicazioni del piano faunistico.” Nel frattempo approfittando di questa prolungata fase di transizione i cinghiali, privi di controllori naturali e umani, si diffondono con straordinaria rapidità registrando un’impennata di oltre 500 esemplari con evidenti danni alle coltivazioni e ai sinistri stradali. Da allora l’attività di controllo con abbattimenti da postazione fissa è diventata una scelta gestionale preziosa e, accanto al trappolaggio, ha portato la popolazione dei cinghiali del parco da quasi un migliaio a meno di trecento esemplari mentre la diffusione di recinzioni elettrificate ha diminuito i rischi sulle coltivazioni pregiate o in territori particolari come il Conero Golf Club. E la carne degli animali abbattuti è finita per metà ai selettori e la restante a tanti cittadini o associazione che ne fanno richiesta per portare un nuovo sapore sulla propria tavola: carne ottima, garantita da controlli sanitari rigorosi e puntuali. Risultato eccezionale conseguito nonostante il delicato contesto di polemiche ed iniziative di ogni tipo in mezzo a fiumi di inchiostro e pratiche legali, denunce e appelli da parte spesso di improvvisati esperti ad esasperare il problema e addossare ogni colpa al parco, sostenendo l’inefficacia dell’attività gestionale per pontificare sulla eradicazione quasi fosse inevitabile la “soluzione finale”. Infischiandosi dei piani di gestione annuali e dimenticando che trattasi di fauna vacante che attraverso un particolare effetto spugna si muove dentro e fuori l’area protetta; nel periodo estivo se ne allontanano per il grande afflusso turistico per poi ritornarci quando altrove si attiva la stagione venatoria. Che poi l’Ente parco abbia “lanciato” i lupi per contrastarne la crescita numerica è una straordinaria sciocchezza che periodicamente riaffiora su certi quotidiani, per strana coincidenza in prossimità di consultazioni elettorali. Non ci credete? Basta considerare che tutti gli atti dell’Ente sono pubblici per cui ogni decisione, progetto e spesa sono consultabili da chiunque per capire quanto sia stupida questa supposizione. E sul piano scientifico un progetto di gestione faunistica richiede tutta una serie di studi e permessi a cominciare dal Ministero Ambiente, aspetti legati alla cattura, investimenti per verificarne l’efficacia nel tempo e naturalmente l’informazione alla comunità perché in questo campo non si improvvisa. In Italia non esiste alcun progetto di reintroduzione del lupo  per il semplice motivo che la specie si è diffusa spontaneamente in tutta la penisola grazie al divieto di cacca del 1970, senza attendere burocrazia né richiedere finanziamenti pubblici. Che fare per il futuro? Tra le strategie più innovative c’è la recente proposta di agire sui meccanismi riproduttivi del cinghiale impostando una campagna contraccettiva, attraverso una pillola per ora in fase di sperimentazione. Eppoi massima collaborazione tra i tanti soggetti dentro e fuori le aree protette perché il cinghiale è diffuso sul territorio nazionale e nessuno scarichi su altri le proprie responsabilità, magari approfittando di una giurisprudenza ancora lacunosa: regole chiare e ruoli precisi sarebbero un ottimo obiettivo. Certo che a rivedere la copertina della prima “Guida alla natura d’Italia” edita da Mondadori nel 1971, quel cinghiale in copertina scelto tra una fauna ricchissima a rappresentare il Bel Paese rende bene l’idea di come in pochi decenni di danni ne sono stati fatti. Non solo dai cinghiali venuti dall’Est! 

Gilberto Stacchiotti

Archivio Giornale

Sommario

20 Settembre 2016

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Gilberto Stacchiotti

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Pagine memoria 43 – Il cinghiale, una star con il grugno
Gilberto Stacchiotti

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