29 Settembre 2016

Il 'mio' bosco del Marchese Mancinforte

Guido Piastrellini , un giovane ragazzo del 1944,  è nato a due passi dal Bosco Mancinforte la perla verde di Camerano ed ha per questo sito un amore  filiale, quasi una venerazione. 

Scelto come luogo d’incontro (e non a caso) il vicino  Bar Bosco,   ha voluto raccontarmelo con gli occhi pieni di nostalgia, quasi di riconoscenza ma anche con alcune proposte affinchè questo tesoro di Camerano non vada perso.

Guido raccontaci il “tuo” bosco del Marchese.

 Nel bosco ho passato la fanciullezza. La mia famiglia faceva parte del contado del Marchese Francesco Sperelli Mancinforte (1891-1966), padre di Maria Grazia e del dentista Giancarlo. Il marchese possedeva trentadue terreni a Camerano (quasi  tutta la campagna cameranese era sua…). Il terreno dei miei, in zona Galletto, era adiacente al bosco e perciò lo conosco a menadito da sempre. Mio padre, a turno con gli altri contadini, ne curava la manutenzione  mentre mia nonna vi “arzeppolava” (termine dialettale che significa raccogliere i legnetti rimasti a terra  dalla potatura per farne legna da ardere). Il Marchese era un autentico benefattore, un “padrone” illuminato che portava i suoi nipotini a giocare con me e gli altri bambini dei suoi contadini; insomma un signore, come suol dirsi, di altri tempi. Tra l’altro un giorno  durante l’occupazione, fu arrestato dai tedeschi. Lo presero mentre claudicante (a causa di una ferita di guerra e per la quale ebbe la medaglia d’argento al valore militare) stava passeggiando con la sua cagnolina Pallina. Loro pensavano fosse ebreo, mio nonno però riuscì  a convincerli del contrario; così, dopo la guerra, il Marchese per riconoscenza gli regalò un pezzettino di terra.

Come era il bosco di una volta?

Ogni sua zona aveva un nome. I Marchesi vi potevano accedere direttamente dal palazzo attraverso il loro bellissimo giardino all’italiana mentre, i contadini, entravano dai “Frati” coi loro “birocci”.All’interno c’era un sentiero , ad anello perfetto,che consentiva di girarlo; un sentiero che a mio avviso deve essere assolutamente ripristinato. In fondo al viale si arrivava al belvedere che veniva detto MONTAGNOLA; al centro c’era la zona detta CAVA (era infatti una vecchia cava dove ora c’è la cosiddetta aula verde). Dalla buca della Cava, si dice, partissero dei cunicoli che collegavano il bosco a tutto l’immenso reticolo di Grotte del paese. Li vicino c’era poi una zona romantica e suggestiva dove i marchesini portavano i loro fidanzati  e dove il marchese amava leggere i libretti  e cantare l’opera.  Poi ad est una zona era detta del TENNIS, dove c’era effettivamente il loro campo da tennis (ndr: molto probabilmente era un campo da badminton).

Che piante c’erano nel bosco?

Alcune purtroppo sono scomparse definitivamente: il VIBORNO ( palla di neve) che mi investiva e il cui profumo mi inebria ancora, il NOCCIOLO e la siepe BOSSO (la mortella). Sono quasi scomparsi l’IPPOCASTANO (ricordo ancora la raccolta della castagne), il PINO PINEA mentre sono da salvaguardare gli ABETI che il marchese piantava ad ogni nascita di figlio. Ora purtroppo c’è troppo ALLORO che dovrebbe essere limitato in quanto soffoca le altre piante. Come bisognerebbe che i privati (che posseggono a tutt’oggi un terzo del bosco)  faccessero un’adeguata e periodica manutenzione. Tra l’altro ho notato che nel bosco stanno nuovamente nidificando il colombaccio, il picchio, il cuculo, gli scoiattoli. Perciò questo nostro tesoro verde deve essere preservato e rispettato al massimo, limitandone e centellinandone l’utilizzo se non per motivi ecologici ed educativi. Si tratta altresì di un luogo della memoria  per tanti ragazzi di Camerano che lì hanno passato l’adolescenza costruendovi, di nascosto, capanne e nascondigli.

Cos’altro vuoi dirci, Guido?

Che amo follemente questo luogo e, aggiungere una cosa che riguarda le campane del campanile, visto che sono lì a due passi. Vorrei che, almeno la domenica a mezzogiorno, suonassero di nuovo. Non disturberebbero e ridarebbero un sapore diverso alle nostre feste; un sapore antico di valori, di ricordi, di gioventù e di tradizioni che si stanno perdendo.

                                                                                                                

Fiorenzo Santini

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