Per stabilire se un determinato ambiente od ecosistema gode di buona salute, di solito si utilizzano i cosiddetti bioindicatori, cioè specie animali o vegetali particolarmente sensibili alle variazioni climatico-ambientali o all’inquinamento.
Per studiare gli ambienti boscosi vengono considerati, tra gli altri, gli insetti dipendenti per la loro sopravvivenza dal legno morto (saproxilici). La consuetudine di asportare il legno morto dai boschi ha portato nel tempo alla loro rarefazione; la loro presenza è quindi molto importante perché è indice della maturità delle foreste e di un buon livello di biodiversità dell’ambiente. Tra gli insetti saproxilici che generalmente vengono censiti e monitorati c’è la Ferdinandea cuprea; questo è un dittero appartenente alla famiglia dei sirfidi, famiglia che comprende tutte quelle mosche che l’evoluzione ha fatto diventare simili agli imenotteri (api e vespe). La Ferdinandea cuprea è un sirfide molto particolare, innanzitutto per la sua livrea che, invece di essere gialla e nera, è color bronzo, ma soprattutto per il suo stile di vita; la larva della Ferdinandea si nutre infatti della linfa che sgorga dalle gallerie create nei rami e nei tronchi degli alberi dal Cossus cossus, comunemente detta Rodilegno, una grossa falena il cui bruco si nutre di legno e che può scavare gallerie per due o tre anni prima di trasformarsi nell’insetto adulto. La foto pubblicata mostra l’esemplare di Ferdinandea cuprea che ho rinvenuto questa primavera a Portonovo; la sua presenza nel parco del Conero, oltre ad essere stata per me motivo di gioia in quanto non avevo mai avuto il piacere di incontrare e fotografare questa specie, ci fa essere ottimisti sullo stato di salute della foresta di lecci del versante a mare.
Marco Bondini - Fotografo AFNI Associazione Fotografi Naturalisti Italiani
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Ferdinandea cuprea
Marco Bondini - Fotografo AFNI Associazione Fotografi Naturalisti Italiani