01 Giugno 2017

Pagine memoria 55 – L’autunno dei frutti minori

La perdita di terreno agricolo è perdita di suolo e soprattutto perdita di biodiversità e di cultura. Varietà locali finiscono nell’oblio dell’estinzione e di quegli antichi sapori si perde definitivamente la memoria, salvo rare eccezioni cui l’ASSAM o i presidi Slow Food riescono a dare un futuro di nicchia: come la mela rosa dei Sibillini. 

Ci sono piante che scompaiono nelle nostre campagne perché legate alla vita contadina e quindi  portatrici di messaggi che la globalizzazione cancella o sapori che non arrivano più sulle nostre tavole. Nelle Marche sono censite 61 specie arboree ed erbacee, di cui nessuna riferibile al territorio del Conero. Bisognerebbe approfondire un po’ questo aspetto e magari ritrovare qualche buon frutto antico anche nel nostro territorio come le marasche o i paccasassi (quest’ultimo prodotto attraverso la coltivazione ha ritrovato un interesse commerciale). Un tempo non mancavano mai nelle adiacenze delle case coloniche piante come le giuggiole, sorbole e corniole che fornivano al contadino ombra, foglie per la lettiera, legna e soprattutto l’intero raccolto dei frutti, che non era necessario condividere col padrone perché meno appetibili dei frutti “maggiori” come pere, susine o ciliegie. Un prodotto che veniva conservato per tutto l’inverno, ricco di sapore e sostanze nutritive e medicinali. Frutta dimenticata, soppiantata nei nostri giardini da piante ornamentali belle ed inutili. Ed è un vero peccato, perché ciascuno di questi frutti regala sensazioni uniche a livello sensoriale e ognuno di essi racchiude una storia fatta di tradizioni, leggende, socialità, accumulata in secoli di conoscenza e utilizzo presso il mondo rurale. Il giuggiolo era considerata pianta sacra con effetti benefici – un portafortuna, potremmo dire - per cui si coltivava davanti la casa colonica; per gli antichi romani era il simbolo del silenzio e quindi utilizzata per adornare i templi dedicati alla dea Prudenza. Il sorbo è stato piantato da sempre vicino alle case e nei conventi, specie nel periodo Medioevale, perché si diceva che avesse la magica proprietà di allontanare le streghe, gli spiriti maligni e  i malefici. Nelle leggende popolari la sorba matura veniva considerata un portafortuna per merito delle intense tonalità rosse della sua buccia che  si credeva avessero il potere di allontanare miseria e povertà. Da sempre i boschi ricchi di sorbi sono ritenuti propizi per la caccia perché sono molti gli uccelli e altri animali che si nutrono dei piccoli frutti di queste piante. Il melograno è caratteristico per la sua straordinaria ricchezza di semi per cui il suo frutto è stato sempre considerato simbolo della fertilità, dell’amore e dell’amicizia; nella simbologia ebraica è considerato simbolo di onestà e correttezza, dato che il suo frutto conterrebbe 613 semi, che come altrettante perle sono le 613 prescrizioni scritte nella Torah, (365 divieti e 248 obblighi) osservando le quali si ha certezza di tenere un comportamento saggio ed equo. “Ancora negli anni Cinquanta del secolo scorso  - secondo Bruno Bambozzi nel suo opuscolo “piante da frutto del Conero” – nei mercati di Numana-Sirolo costituiva un interessante frutto autunnale insieme alle giuggiole, ai fichi, alle mandorle ed alle noci.” Il fico è citato nella Bibbia perché con le sue foglie Adamo si coprì le nudità dopo il peccato originale. Il mandorlo invece è albero della vita e della fertilità poiché con la sua fioritura annuncia per primo l’arrivo della primavera. Corniole, nespole e marasche venivano impiegate nella preparazione di marmellate o succhi particolarmente ricchi di vitamine e proprietà dissetanti e medicinali. Sono tutte piante particolarmente adatte al nostro territorio, dalle esigenze frugali e particolarmente preziose per recuperare sapori e tradizioni di straordinaria valenza. Nell’ottobre 1995, dopo circa mezzo secolo, venne ripristinata nella piazza del Santuario di Numana la fiera delle giuggiole e del melograno per rilanciare questi antichi sapori del Conero ormai in via di scomparsa; purtroppo, l’iniziativa, nonostante l’impegno appassionato e competente di Bambozzi, venne abbandonata dopo qualche anno. E con essa la possibilità di restituire a questi frutti una giusta riscoperta e valorizzazione. Almeno finora!

 

 

Gilberto Stacchiotti

Archivio Giornale

Sommario

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