Visioni contrapposte, sono pochi chilometri bagnati di sangue. Troppo!
La strada provinciale 1 nel tratto da Portonovo di Ancona a Fonte d’Olio di Sirolo attraversa il cuore del parco e per questo si presta come via d’accesso preferenziale per quanti vogliano scoprire la bellezza di questo territorio. Senza fretta, naturalmente! Il sogno è farne un tragitto precluso ai mezzi motorizzati, con una fruizione riservata a quanti in quelle curve vogliono osservare, scoprire, apprezzare a piedi, in bici, a cavallo o con i pattini. Un sogno che trova consenso crescente e che nelle iniziative di mobilità dolce - organizzate annualmente dall’ Ente Parco in collaborazione con i Comuni di Ancona, Camerano e Sirolo - riesce a radunare significativa partecipazione. Lungo quella spina asfaltata partono alcuni dei sentieri più belli e frequentati, mentre squarci nelle vegetazione lasciano intravedere panorami mozzafiato sull’Appennino e l’armonia di colline che lo precedono all’orizzonte. Un percorso dal valore anche simbolico nella storia del parco perché qui si sono svolte le tante marce in difesa del Conero. Una visione questa nettamente contrapposta a chi, invece, questa strada la considera un circuito dove eccedere in velocità e adrenalina. Un problema crescente e insopportabile, come il fastidio che denunciano gli abitanti dei luoghi costretti a convivere con questi comportamenti scorretti. Che fare? C’è un problema di controlli certamente. Le forze dell’ordine organizzano giornate di presidio, applicano sanzioni agli irriducibili indisciplinati ma, gli effetti inibitori sembrano sfumare troppo in fretta. D’altra parte se nemmeno quei mazzi di fiori sul guard-rail o le fredde lapidi che ricordano tragici incidenti riescono ad indurre a maggiore ragionevolezza gli amici delle due ruote rombanti, che cosa possono fare le sanzioni? La vita vale molto di più di una multa! Ancora una volta è una questione di cultura. Cultura del rispetto: delle regole, degli altri, della propria vita, della natura. Per questo credo fondamentale l’azione di sensibilizzazione delle associazioni e moto club per indirizzare gli appassionati di questa pratica verso la cultura del rispetto. Oppure continuare sulla via scellerata di alimentare nuove suggestioni, enfatizzare i requisiti tecnici del tracciato, promuovere motoraduni e pensare a qualche gara senza badare troppo ai rischi e alle regole. Queste organizzazioni hanno la loro responsabilità e non possono certo scaricare sugli enti, che pure faranno la loro parte. E almeno per una volta evito di ampliare la riflessione sui danni all’immagine di un territorio dove chi sceglie i tanti luoghi di ristoro e ricettività lungo la strada provinciale si aspetta quiete e non frastuoni; senza considerare i rischi di incidenti per chi in queste belle frazioni ha scelto di vivere. Tralascio altresì riflessioni sulle questioni strettamente ambientali, compresi gli impatti sulla fauna vagante. E intanto spero che i contesti associativi dei centauri facciano un po’ di autocritica, cancellando con decisione l’idea di un circuito del Conero che non esiste. E non solo perché c’è un parco, ma perché in quelle poche curve, dopo il rombo assordante ormai troppe volte cala un silenzio carico di dolore.
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