Pubblicato il libro sui forni neolitici del Conero

Cultura

Nascosti alla memoria storica per quasi settemila anni, i forni neolitici di Portonovo vengono illustrati e spiegati nel nuovo libro di Cecilia Conati Barbaro docente di ecologia preistorica alla Sapienza di Roma.

“Il fuoco e la memoria. I forni neolitici di Portonovo”, questo il titolo del volume edito da Museo e Istituto Fiorentino di Preistoria “Paolo Graziosi”. Una lunga ricerca cominciata nel 2011, che ha riportato alla luce la testimonianza di una antica civiltà insediatasi proprio sul Monte Conero e che ha lasciato tracce indelebili del proprio passaggio.

Un luogo di culto
Non si tratta di un libro a scopo divulgativo, ma non è neanche un trattato strettamente scientifico. Seppure analizza con dovizia di particolari le varie fasi dello scavo con tanto di foto ed illustrazioni a colori. Dunque un approfondimento alla portata anche di chi non viene dal mondo accademico dell'archeologia. Ne emerge che i forni neolitici, situati nel campo adiacente il parcheggio scambiatore sopra Portonovo, non venivano utilizzati solo per asciugare il grano raccolto, prima di essere stivato o per cuocere cibi. «All'interno abbiamo ritrovato anche dei resti di sepolture – racconta la docente – e da altri ritrovamenti abbiamo potuto dedurre che quello stesso luogo veniva utilizzato per riunioni collettive e periodiche». Nell’area, infatti, sono stati rinvenuti anche materiali archeologici costituiti da frammenti di ceramica, a volte decorati a impressioni, lame e lamelle in selce, macine e pestelli. Oltre a questo, sono stati trovati frammenti di ossidiana, un vetro vulcanico proveniente da Lipari, utilizzato per realizzare taglienti strumenti per la vita quotidiana. «Questo testimonia che già all'epoca erano attivi contatti a lunga distanza tra le popolazioni neolitiche» spiega Cecilia Conati Barbaro.

I primi agricoltori dell'Adriatico
Una scoperta che va a valorizzare ancor più un’area pregiata come quella del Parco del Conero, che vanta una ventina di questi forni a cupola con base circolare in diversi gradi di conservazione. «L'importanza di questo ritrovamento è determinato dal fatto che si tratta di strutture finora uniche in Italia e del più antico insediamento di agricoltori dell'Adriatico occidentale – prosegue la docente – dal 2011 ho diretto i lavori e abbiamo anche ricostruito un forno sperimentale seguendo un protocollo scientifico molto rigido, senza utilizzare attrezzature moderne». Il grande lavoro di ricerca, raccontato nelle pagine del libro, è stato reso possibile dalla concessione del sito rilasciata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla stretta collaborazione tra la Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche e l'Università La Sapienza. «Hanno partecipato anche molti giovani – spiega Cecilia Conati Barbaro – e si è subito attivata un'enorme rete di supporto al progetto, a cui ha preso parte il Parco del Conero e molti operatori di Portonovo e del Poggio». Mentre l’Università Politecnica delle Marche ha partecipato alla realizzazione della documentazione 3D delle strutture neolitiche. Un concorso di forze che, in tempi di drastica riduzione dei finanziamenti alla ricerca, ha costituito una risposta concreta e ha dato prova di come sia possibile attuare forme di collaborazione proficua per incrementare la conoscenza del patrimonio culturale di un territorio e, al tempo stesso, contribuire alla sua valorizzazione turistica.