Aziende agricole del Parco del Conero verso un nuovo patto per valorizzare i prodotti del territorio. Imprese e turismo camminano fianco a fianco nel progetto di sviluppo pensato dall’Ente Parco.
David Donninelli, referente della Coldiretti per tutte le Organizzazioni professionali agricole all’interno del Parco del Conero, in che modo le imprese di questo settore possono essere messe a sistema rispetto al contesto in cui sorgono?
«La nostra idea è quella di un’agricoltura che non subisca le regole e i vincoli del Parco, ma che sia una parte attiva per contribuire alla valorizzazione del territorio. In questo senso cercherò di dare lo spazio che merita alle imprese, pensando alla reciproca sostenibilità: delle aziende e dell’ambiente».
Quali i primi passi da muovere?
«Darsi subito un obiettivo comune all’interno di tutti gli organi rappresentati nel Consiglio Direttivo. C’è il cosiddetto “fil rouge” a cui ognuno per il proprio settore deve agganciarsi».
E quale sarebbe?
«La progettualità. Avere un progetto unitario e condiviso, non interventi spot. Dalla gestione della fauna selvatica al Piano del Parco che tenga conto del settore agricolo, l’intento coordinato di perseguire un determinato obiettivo i sviluppo è il “fil rouge” di questo progetto. Pensare all’azienda agricola non più come tale, ma come impresa a tutti gli effetti».
Verso quali ambiti dovrà guardare lo sviluppo futuro del Parco del Conero?
«Dovrà gettare uno sguardo alle imprese agricole in un’ottica di potenziale turistico. La nostra è un’agricoltura di qualità che si sposa con ciò che vorrebbe vedere un turista quando viene a visitare i nostri territori. Quindi un’agricoltura orientata alla valorizzazione dei prodotti e dei luoghi in cui ci troviamo, come parte integrante dell’offerta turistica».
Un’idea per rendere più caratteristico un aspetto di questo settore?
«Ad esempio non mi dispiacerebbe poter vedere degli allevamenti allo stato brado. Credo che dobbiamo tornare ad un’agricoltura sostenibile che venga presa in considerazione anche da altre realtà e assunta a modello».
Pensa sia possibile ideare un brand che racchiuda in un’unica etichetta le produzioni locali?
«E’ esattamente ciò su cui vorrei porre particolare attenzione. Credo che i tempi siano maturi per la creazione di un brand che identifichi i prodotti del Conero. E mi piacerebbe che i ristoranti del posto dedicassero una parte del loro menù ai piatti creati utilizzando i prodotti locali».
Un marketing territoriale?
«Certamente. L’agricoltura non può restare immobile, confinata all’interno della propria azienda. Ma deve uscire dal proprio perimetro ed entrare nelle città. Così il Parco del Conero, con i suoi prodotti, entra nei ristoranti e nelle attività turistiche e ricettive del territorio».